Musica

Luciano Girardengo, la fatica di fare musica

Da non crederci. Il nipote di Girardengo e il figlio di Coppi. Uno accanto all’altro, di fronte a te. D’improvviso tempi epici si sovrappongono nel museo della bicicletta di Novi Ligure. Dove i due assi della storia del ciclismo sono immortalati su vecchie foto ingigantite. Certo, ce n’è anche per Saronni e per Moser. Ma il museo è roba loro e lo si respira. L’epopea del ciclismo nazionale, d’altronde, ha qui la sua leggendaria radice contadina: Novi Ligure, Alessandria.

Il figlio del Campionissimo, Faustino, è incredibilmente uguale al padre. Timido, giacca, bottoni chiusi e cravatta. Fa il geometra. Il nipote dell’asso che ha ispirato la bellissima canzone di De Gregori Il bandito e il campione sembra invece uno zingaro alto e felice. Capelli lunghi al vento, un po’ radi, barba molto corta, vestito e camicia aperta. Vederli insieme fuori da Novi è una rarità vera. È successo quando hanno inaugurato con il “concerto per un campionissimo” il monumento a Pantani sul Colle Galibier in Francia, a 2.300 metri d’altezza. Proprio così: un concerto. Luciano Girardengo ha la musica nel sangue. La voglia di raccontarlo si fa decisione man mano che racconta la sua lotta per fare il musicista di mestiere. Quando spiega che la musica “o ce l’hai nel sangue o getti la spugna”.

Suona il violoncello, Luciano, che ogni autunno organizza con poco pane e molto amore e fantasia un festival internazionale di musica e cinema dedicato ad Angelo Francesco Lavagnino, il Maestro di qui che compose musica colta e colonne sonore di film indimenticabili: da Un americano a Roma a Tutti a casa. Suona e insegna violoncello a bambini e ragazzini, essendo tra i fondatori di una scuola di musica che accoglie circa 200 giovanissimi allievi che arrivano da tutta la provincia. “Quasi tutti pianoforte e violino, però, e noi siamo pagati in base al numero degli allievi che abbiamo; e il violoncello non è che faccia stragi di cuori. Per chi fa questo mestiere c’è il problema di riuscire a sopravvivere. La musica è sempre stata la cenerentola, ma con i tagli è diventata una vera lotta. Ad Alessandria c’era un’attività legata al teatro comunale, un teatro così grande da tenere sul palco perfino gli elefanti dell’Aida. Ma un giorno han trovato tracce di amianto, e così è chiuso da anni, con il Comune che ha dichiarato il dissesto di bilancio. Oggi non ti chiama più nessuno. Devi proporti. Ho suonato nel quartetto dell’orchestra Cantelli del figlio di Veronesi. Ecco, lì ci chiamavano nelle case milanesi, ma c’entravano le relazioni del padre. Qui non funziona. Ormai gran parte dell’attività te la devi trovare facendo il procuratore di te stesso, sei metà musicista metà commercialista. Anzi , non mi vergogno di usare questa parola: devi diventare un po’ questuante. Ha idea di quante anticamere devo fare per presentare dei progetti, spesso a persone che non ne capiscono nulla e si farebbero infinocchiare da chiunque? Vai da assessori, sindaci; attese lunghissime e qualche volta li devo anche mandare a quel paese per orgoglio. Non tutti, per fortuna. E quando ottieni qualche finanziamento pubblico i soldi arrivano dopo più di un anno e c’è sempre una ragione: ti dicono che sono cambiate le procedure, che l’assessore non è più quello, che manca qualcosa. Senza contare che c’è chi decide chi finanziare non in base alla qualità ma in base al ritorno elettorale. Ci salviamo con i contributi, modesti, di qualche fondazione bancaria”.

Questo zingaro felice, che quando suona si fa corpo con il violoncello e sembra distaccarsi dalle materialità del mondo, ha dato vita con pochi amici all’Orchestra classica di Alessandria, un “organismo cameristico-sinfonico” a geometria variabile e che arriva fino a 70 musicisti, dipende dal programma. Oltre al Festival Lavagnino, giunto oggi alla 14a edizione, l’Orchestra conta ormai una sfilza di collaborazioni di prestigio, con musicisti come Paolo Fresu, cantanti come Dionne Warwick o attrici come Paola Pitagora. “Abbiamo scelto la formula dell’associazione, nel ’97, perché è la più semplice. Fare una fondazione sarebbe una follia. Così è più agile sotto ogni aspetto. Facciamo anche lezioni-concerto. Curiamo la formazione orchestrale giovanile, utilizzando i migliori diplomati dei conservatori italiani ma anche stranieri. Ai ragazzi non devi ricordare che c’è la musica, il guaio è che devi ricordarlo ogni volta alla società che conta. Devi spuntare tu e dire ‘Io sono qui per la musica, vi interessa questo progetto?’. Nulla contro la Scala, ma ha senso che in un paese così ricco di risorse si prenda da sola circa l’80 per cento del Fondo unico dello spettacolo?”

Non si lamenta, Luciano. Ha imparato a stilare progetti, ruoli, budget preventivi, ad amministrare i contributi pensionistici, i diritti Siae, le cento carte che si attaccano come mantidi a ogni attività produttiva. Ma mentre guida l’auto e parla con l’ospite capisci che sogna altro: il suo violoncello in montagna per accarezzare il mito del Pirata, o la musica che si invola libera tra le dita dei ragazzi. Come un ciclista in fuga.