Mafie

Strage via Palestro, Spatuzza: “Quei cinque morti furono un incidente di percorso”

Il killer dei Graviano è stato citato come teste a Milano contro Filippo Marcello Tutino, accusato dai pm di aver fornito supporto al gruppo che la sera del 27 luglio '93 fece esplodere l'autobomba uccidendo 5 persone

“I cinque morti dell’attentato di via Palestro furono un incidente di percorso”. Sono queste le parole di Gaspare Spatuzza che torna a testimoniare in un’aula di giustizia. Lo fa al processo contro Filippo Marcello Tutino, il presunto basista della strage mafiosa di via Palestro, avvenuta a Milano la notte del 27 luglio 1993, nella quale morirono il vigile urbano Alessandro Ferrari, i vigili del fuoco Carlo La CatenaSergio Pasotto e Stefano Picerno e un cittadino marocchino senzatetto, Moussafir Driss. “L’obiettivo in via Palestro e in via dei Georgofili a Firenze erano i monumenti, non le vite umane – ha proseguito il pentito – Quello che avvenne erano conseguenze non cercate”. Queste le parole pronunciate dal killer di Brancaccio, oggi collaboratore di giustizia, durante la videoconferenza tra l’aula del Tribunale di Milano dove si celebra il processo e il carcere in cui è detenuto. “Abbiamo fatto cose orribili, accusare Marcello Tutino è doloroso ma per me è un onore essere qui a testimoniare, anche per giustizia nei confronti dei familiari delle vittime”.

“Sono responsabile di una quarantina di omicidi, chiedo perdono alla città, alle vittime e ai loro familiari”, ha continuato Spatuzza, citato come teste dal pm milanese Paolo StorariU tignusu – questo il soprannome di Spatuzza – è stato uomo di fiducia dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, considerati, insieme a Totò Riina, Leoluca Bagarella, al latitante Matteo Messina Denaro e altri boss, i mandanti degli attentati organizzati da Cosa Nostra in Continente tra il ’92 e il ’93. Ma dal 2008 Spatuzza è anche uno tra i collaboratori di giustizia che sta fornendo ai magistrati di Palermo, Milano, Firenze e Caltanissetta maggiori dettagli sulla stagione stragista della mafia corleonese, messa in atto – secondo i pm siciliani – sullo sfondo della Trattativa tra mafia e pezzi dello Stato.

E proprio Spatuzza ha ricostruito oggi in aula la pianificazione delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, e dell’attentato di via Fauro a Roma contro Costanzo, che “aveva preso posizione contro Cosa Nostra”. Rispondendo alle domande del pm Storari, si è soffermato anche sulla progettazione del fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma del 23 gennaio 1994. “Abbiamo mescolato all’esplosivo tondini di ferro – ha raccontato il killer – perché ci hanno detto che avremmo dovuto fare più male possibile. La direttiva – ha proseguito – era quella di uccidere oltre 100 carabinieri”. Spatuzza ha poi confermato il ruolo che i fratelli Vittorio e Marcello Tutino avrebbero svolto nella strage di via Palestro. “Siamo cresciuti insieme – ha raccontato – c’era una bellissima amicizia, di più, una fratellanza. Cristianamente li considero ancora miei fratelli, con cui ho condiviso delle scelte sbagliate, anche se ora non condivido più i loro ideali, i loro sentimenti”. Stando alla ricostruzione di Spatuzza, Marcello Tutino sarebbe stato scelto come basista “perché conosceva Milano” e avrebbe portato il commando in piazza Duomo a prendere l’esplosivo. Avrebbe avuto così la possibilità di “riabilitarsi” di fronte a Cosa Nostra dopo che aveva fatto sparire un carico di sigarette a Palermo intascandosi i soldi. Tutino, dopo essere andato in Stazione Centrale a prendere Spatuzza (poi rientrato a Roma e non presente alla strage), avrebbe rubato in zona Bovisa la Fiat Uno poi saltata in aria alle 23 di quel giorno.

Proprio Tutino era l’ultimo uomo del commando che pianificò e mise in atto una delle stragi più oscure di quegli anni, dopo quelle di via Fauro a Roma – contro il giornalista Maurizio Costanzo – via dei Georgofili a Firenze, e le autobombe scoppiate quella stessa notte del 27 luglio ’93 nella Capitale, davanti alle basiliche di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro. Sono stati gli uomini della squadra mobile milanese, guidata da Alessandro Giulianoad arrivare a Tutino e ad arrestarlo il 13 gennaio 2014, quando l’uomo, classe ’61, si trovava già nel carcere milanese di Opera. Su di lui le indagini partirono tre anni fa, proprio grazie alle dichiarazioni di Spatuzza che oggi in aula a Milano ha spiegato i motivi che lo hanno spinto a fornire dettagli sula stagione stragista ai magistrati: “Ho deciso di collaborare per fare giustizia, e ora quando vado a letto mi sento onesto e in pace perché tutto quello che posso fare per la legge lo sto facendo, poi mi metto nelle mani di Dio”, ha aggiunto l’assassino di don Pino Puglisi, rispondendo a una domanda del giudice Guido Piffer, presidente della prima Corte d’Assise di Milano.

“Ho partecipato a cose mostruose e ho avuto un’esperienza terribile – ha proseguito – abbiamo venduto l’anima a Satana. Ora mi sto liberando del male che portavo dentro iniziando un percorso sofferto di ravvedimento e prendendo le distanze da tutto quello che rappresentava per me l’ambiente nel quale ho sempre vissuto”. Spatuzza ha raccontato che dal 2008, quando ha deciso di pentirsi, “sono iniziati anni più sofferti” rispetto a quelli della detenzione con il regime del 41 bis. Il testimone ha spiegato quindi che continuerà sempre a “chiedere perdono” per le vittime delle stragi di mafia tra cui “due piccoli angeli”, le sorelline Nencioni, morte nella strage di Firenze.