Cultura

Plastic Made Sofa, tra psichedelia e sperimentazione

Ecco uno di quei dischi che fin dal primo ascolto ti afferra, ti sbatte contro un muro e agita qualsiasi cosa ti si trovi attorno. Vengono da Bergamo, si chiamano Plastic Made Sofa e dopo aver esordito quasi quattro anni fa con Charlie’s Bondage Club, da qualche mese sono tornati in scena con il loro secondo album, autoprodotto, intitolato Whining Drums, che, raccontano, “è anche il titolo del pezzo che crediamo sia il più rappresentativo di tutto l’album. Un viaggio attraverso terre sconosciute, dove è il sogno a essere reale. Una specie di mondo alla rovescia. Whining Drums è proprio il suono di questo immaginario”.

Un disco di nove brani, grazie al quale la band dimostra come e con quale sagacia sappia tradurre la propria visione tardo psichedelica dentro a un ruvido Garage Rock. L’inaspettato successo ottenuto con questo secondo lavoro li ha portati a suonare in giro per l’Italia a bordo di Ivanhoe, “l’implacabile piccolo camion della Renault, fedele compagno di viaggio, che ci permette di spostarci tutti insieme e questo per una band è molto importante. Quando sei on the road è meglio guardare davanti, diciamo che ci accontentiamo di 180 gradi”, contando più di 50 date finora, tra cui anche la partecipazione al Mi Ami 2014 e vantando due singoli in rotazione su Mtv e nella classifica Rock Top 10.

Nel panorama indie è sicuramente una delle migliori uscite nel genere psichedelico: la fermentazione lisergica ha ormai raggiunto il grado immane di We’re Just Changing. Certo, non sono dei veri e propri innovatori, il loro sound ricorda quello di molte altre band – soprattutto i Kasabian, per via del timbro della voce del riccioluto cantante Andre –, ma hanno dalla loro la voglia di sperimentare, una granitica sicurezza nei loro mezzi e una convinzione (basta farsi un giro sulla loro pagina Facebook) che li porterà lontano. Per farsi un’idea, è d’obbligo l’ascolto di Lizards on a Wire, con le sue ritmiche serrate e i riff chitarristici speziati d’oriente. Nel disco emerge il desiderio di astrarsi, di trovarsi in luoghi lontani in cui magari neanche sono  stati. Ma tutto dipende dalla metafisica che uno ha elaborato, o meglio, dalla propria inclinazione verso l’immaginazione, oppure verso la ragione. Vive Le Rock!