Scuola

Università e interessi: libero pensiero contro libero mercato

Nello scorso mese di agosto la prestigiosa università di Urbana, negli Stati Uniti, ha rescisso il contratto del prof. Steven Salaita, il quale ha rifiutato una compensazione economica ed ha annunciato azioni legali. Il prof. Salaita, che è di famiglia palestinese, aveva scritto violenti tweet contro Israele, per la guerra in corso a Gaza.

 

Sebbene questi tweets non coinvolgessero in nessun modo l’università di Urbana, il Rettore, prof. Wise, ha rifiutato di completare le pratiche di assunzione del prof. Salaita, già avviate, con la motivazione della “serenità” dell’ateneo: gli studenti di idee diverse da quelle del prof. Salaita avrebbero potuto sentirsi a disagio o discriminati. Il giornale locale News Gazette ha però rivelato che alcuni facoltosi finanziatori privati dell’università avevano minacciato (per e-mail) di interrompere le loro erogazioni se le procedure di assunzione del prof. Salaita non fossero state bloccate. Tecnicamente l’università di Urbana è pubblica; ma come spesso accade negli Usa dipende in misura rilevante da contributi di privati. Molti docenti dell’università si sono espressi a favore della decisione del prof. Wise ma nelle altre università del paese c’è invece forte sostegno al prof. Salaita e una petizione in suo favore ha superato le 20.000 adesioni.

La storia è intricata e tocca aspetti fondamentali dell’etica e del diritto; non può essere dismessa con un pilatesco riconoscimento del diritto di Salaita a scrivere quello che gli pare e dei finanziatori privati a dare o negare le loro donazioni all’Ateneo; e il fatto che i finanziatori siano favorevoli a Israele mentre almeno alcuni tra i sostenitori di Salaita siano filo-palestinesi, costituisce una complicazione ulteriore. Per esaminare il problema è preferibile lasciar cadere le considerazioni relative al fatto che Salaita abbia torto o ragione, ed esaminare separatamente gli altri aspetti della questione.

Salaita, come privato cittadino, ha diritto di esprimere le sue opinioni sui social network. Se nel farlo infrange una legge perché scrive affermazioni diffamatorie, offensive, razziste o fa apologia di reato, la cosa è di competenza della magistratura, non dell’università presso la quale lavora. La preoccupazione ufficiale del Rettore di mantenere la serenità all’interno dell’Ateneo non può essere invocata prima che un reato sia stato almeno contestato da una autorità terza alla vicenda, pena lo scadere nell’arbitrio.

I finanziatori privati dell’università di Urbana hanno il pieno diritto di concedere o negare il loro finanziamento, ma questo deve in ogni caso essere una erogazione incondizionata: non è lecito far dipendere il finanziamento da una decisione politica dell’ateneo, tanto meno minacciarne per iscritto l’interruzione qualora l’università non metta in atto una certa decisione (nella fattispecie la cancellazione di un contratto con un docente). Infatti l’università ha i suoi organi decisionali e l’indebita pressione esterna ha l’effetto di indebolirne l’autonomia, e di asservirla a decisioni estranee alla sua missione. Se il finanziatore è offeso dai tweet di Salaita e dalla decisione dell’università di assumerlo può smettere di erogare il suo contributo, ma non può esplicitare agli organi accademici le sue motivazioni, e a maggior ragione non può mercanteggiare il suo contributo in cambio di una diversa scelta politica dell’ateneo; se lo fa commette un ricatto o un atto di corruzione, ed è a sua volta passibile di denuncia.

L’università in questa vicenda fa la figura peggiore: censura un suo docente e rescinde un contratto firmato, esponendosi a sanzioni legali per cedere alle indebite richieste dei suoi finanziatori. Bisogna però riconoscere che l’università si trova in effetti nella condizione più difficile, sotto ricatto e chiusa in un sistema fortemente competitivo nel quale perdere il finanziatore privato comporta anche affrontare la competizione con armi spuntate. Un sistema di valutazione ossessivamente competitivo aumenta il potere di ricatto del privato nei confronti di una struttura pubblica, perché l’erogazione pubblica dipende dalle performances dell’ateneo, che a loro volta dipendono anche dalle risorse donate da privati.

E’ importante analizzare il caso del prof. Salaita e dell’università di Urbana, perché in Italia il ministro Giannini si propone di varare una riforma che consenta l’ingresso di capitale privato nelle scuole (in teoria nell’università questo è già possibile, ma pochi privati ce lo mettono). Il capitale privato e una cultura punitiva della valutazione (anche questa in Italia già c’è e si chiama Anvur) sono i due più potenti strumenti di controllo della libertà di pensiero e di espressione, e si rafforzano tra loro perché soprattutto in un momento di difficoltà economica il capitale privato può diventare importante per il conseguimento degli obiettivi oggetto di valutazione. La scuola e l’università sono ricche del loro pensiero; sono i luoghi dove si insegna a pensare e si formano i cittadini. Non sono mai piaciute alla politica, che non ha interesse a che i cittadini ragionino e siano capaci di critica. L’introduzione di capitale privato e di valutazioni punitive serve per tenerle sotto controllo e giova alle forze politiche meno democratiche e più vicine ai grandi accumuli di capitale; è una operazione che è interesse di tutti contrastare