Politica

Il Renzi sprezzante e i gorgoglioni di Bossi

Le Assise di Confindustria? Il meeting Vip organizzato a Cernobbio dallo Studio Ambrosetti? La Cgil della Camusso? Ecchisenefrega, direte voi. Anzi, ammettiamolo: il fatto che Matteo Renzi snobbi platealmente questi tradizionali pezzi dell’establishment, solitamente riveriti, un po’ gratifica lo spirito del sanculotto che è in tutti noi. Una variazione sul tema del Vaffa, sbattuto in faccia a pompose banalità; che però – notate bene – ormai contano assai poco. O punto.

A tale proposito, si direbbe che il giovanotto di Rignano voglia ripercorrere i passi dell’Umberto Bossi da Cassano Magnago di vent’anni fa; quando il Braveheart in canottiera era sulla cresta dell’onda e l’allora assessore milanese leghista Philippe Daverio, incaricato di fargli da guida nei salotti meneghini, tremava all’idea che il “senatur” potesse ruttare in faccia a una qualche sciura della buona società. Così, tanto per darsi un contegno.

Nello stesso spirito di allora, il Renzi non pratica i borborigmi a gorgoglione, ma altre forme egualmente sprezzanti, con il medesimo effetto. Quello che i francesi chiamano épater le bourgeois: un voler fare colpo ostentando l’assoluta mancanza di rispetto per le forme.

Quali le ragioni di queste birichinate, di allora e di ora? Le interpretazioni al riguardo possono essere duplici: politiche o psicologiche.

A) La provocazione tramite rozzezza può rientrare in una strategia, a mezzo gestualità, di posizionamento politico in un ben precisato campo elettorale: quello della “piccola gente”, che si vorrebbe indurre a bersi la storiella del leader “pane e salame”. Un tipo semplice e alla mano (“uno di noi”, lo slogan) che disdegna terrazze&salotti (variamente aggettivati: “esclusivi”, “radical chic”, “dei lorsignori”, ecc.) amando vita e compagnie “semplici”. Il passo successivo nell’induzione manipolatoria è quello di lasciar intendere (pur senza esplicitarlo) la vera natura di tale leader “popolare”: un nuovo Robin Hood, che porta via ai ricchi per dare ai poveri. Quando in effetti il Renzi, analizzato con un minimo di accortezza, rivela la sua vera collocazione sociale d’elezione: la neoborghesia arricchita nelle sue varie sfumature; da quella cafona alla Briatore a quella docevitara alla Montezemolo, da quella ruspante tipo Farinetti a quella in arrampicata ai vertici del nuovo establishment modello Dalla Valle;

B) L’uso sistematico della maleducazione può – altresì – rivelare aspetti relativi alla struttura della personalità, quale una profonda insicurezza che tende a sublimarsi in modi platealmente aggressivi. Il caso tipico del complesso di inferiorità virato a superiorità, con l’esito presunto di nascondere la soggezione dietro gli atteggiamenti sprezzanti. La ragione di fondo è la consapevolezza ansiogena della propria inadeguatezza che non si intende lasciar trapelare; la rimozione della scarsa dimestichezza con regole del comportamento ottenuta calpestandole. Quindi, la tipologia è sostanzialmente quella del “parvenu di seconda fascia”: privo dell’intelligenza e della modestia necessarie per apprendere i modi appropriati, arrogante al punto da spregiarli. Se ricordate le tavolette di Fedro, il giovane Renzi sembra quella volpe che non riesce a cogliere l’uva troppo in alto e per questo si giustifica dichiarandola “acerba” (“nondum matura est, nolo eam sumere”).

In entrambi i casi il profilo che emerge è quello di un arrampicatore sociale (nel secondo, pure complessato); spiegando – così – frenesie e spregiudicatezze. Mentre continua a non tranquillizzare sul fronte dell’affidabilità.

Ormai – del resto – il giochino delle promesse al rialzo inizia a mostrare la corda, a fronte della sensazione che la luna di miele renziana con la pubblica opinione stia rapidamente volgendo al termine.

Anche se perdura la sua rendita di posizione: il non esserci alternative a questa leadership; sebbene ne sia stata accertata l’inconcludenza.