Scuola

Tecnologia: il tramonto della penna biro. Salviamola (ma chiediamo anche i pc)

Possiamo mettere la penna nel cassetto e imparare a scrivere solo sulla tastiera? E’ ciò che accade alla maggior parte di noi. Da stamattina all’istante in cui sto scrivendo questo articolo, ho usato la biro solo una volta per compilare un pacco di carte che la scuola propina ogni anno agli insegnanti precari. Per il resto della giornata ho inviato mail, scritto degli appunti di lavoro sul tablet, riportato alcuni link con un copia/incolla senza dover scomodare carta e penna. Se immagino la vita lavorativa di alcuni amici non li vedo con la penna in mano ma con un iPad.

Ad accorgersi che la scrittura a mano è andata in crisi è la Bic, l’azienda francese che ha inventato la classica penna a sfera. Visto il calo di mercato, per la prima volta in cinquant’anni, ha lanciato la campagna “Fight for your write” per il diritto alla scrittura, rivolta ai genitori, agli insegnanti e agli studenti. Una mossa strategica da parte dell’azienda che ricorda, sul sito della campagna, come la scrittura aiuti i bambini a diventare dei lettori, aumenti la loro fiducia e creatività.

Senza dubbio siamo di fronte ad una svolta epocale: ricordo sempre come sulla tratta Pechino – Shangai, un bambino di circa 2-3 anni, giocasse sul tablet a muovere con un dito le forme triangolari e rotonde sullo schermo. Era esattamente il gioco che la mia generazione faceva con dei pezzi di legno ma  era cambiato il mezzo. Il bambino muoveva gli occhi e le mani sullo schermo. Sia chiaro, non sono tra i sostenitori della tastiera a tutti i costi e nemmeno tra quelli che fanno il tifo per abbandonare la penna ma resta il fatto che quando usciamo in compagnia di amici che hanno un bambino, nessuno dà loro un foglio e dei pastelli ma un tablet o uno smartphone.

Resta la scuola a salvare la penna. Ma lo deve fare nella consapevolezza che la Bic è importante quanto la tastiera.

Manfred Spitzer, autore di Demenza digitale è contrario alla scuola “copia e incolla”: “Toccare una parola con la mano e spostarla in un altro punto dello schermo è quanto di più superficiale si possa fare. La profondità di elaborazione è dunque minima. L’apprendimento presuppone un lavoro mentale autonomo: più a lungo, e soprattutto in modo più approfondito, si elabora un contenuto, meglio lo si impara. Non esistono prove sufficienti per affermare che la moderna tecnologia informatica potrebbe migliorare l’apprendimento scolastico. I media digitali rendono superficiale il pensiero”. Chi lavora nella scuola e soprattutto chi è nato negli anni Settanta quando a scuola si usava ancora solo la penna ha dovuto imparare ad usare i media digitali per non restare ai margini, per non rimare analfabeta nella nuova era: sono i maestri che usano la penna a sfera e la tastiera.

E’ chiaro che ad un bambino che impara a leggere e scrivere resterà maggiormente in testa la lettera “A” scritta di suo pugno: quando completa sul quaderno quella lettera è di fronte ad un successo. La scrittura è essenziale ma non può essere l’unico strumento da salvare. In una classe quinta si può leggere il giornale, scrivere, guardare un documentario con l’uso della tastiera. Combattiamo per la penna biro, ma facciamo una battaglia per avere anche personal computer, lavagne multimediali e tablet, mandando in soffitta la vecchia e romantica lavagna d’ardesia (che piace tanto anche a chi scrive!).