Il taglio intelligente della spesa pubblica è essenziale per recuperare risorse in modo “sano”, idonee dunque a rilanciare la crescita del nostro Paese.
La spending review deve estendersi a tutti i rami della spesa pubblica andando nel dettaglio. Un esempio su cui si può incidere in modo significativo è la spesa pubblica per farmaci. Corrisponde a 12 miliardi di euro l’anno, con peraltro profonde differenze regionali. Come per la spesa per farmaci, vi è un divario spesso significativo fra le 20 regioni. Quanto alla spesa ospedaliera per farmaci di fronte ai casi di Val d’Aosta e Lombardia con, rispettivamente, 112 e 118 euro pro capite, si hanno quelli di Puglia e Sardegna con 170 e 173 euro pro capite. La spesa regionale pro capite per vendite presso farmacie vede realtà virtuose come la provincia di Bolzano o l’Emilia Romagna con una spesa pro capite pari a 129 e 145 euro e regioni “spendaccione” come Sicilia e Campania con 235 e 228 euro pro capite.
In una ricerca fatta dal prof.Giorgio Colombo dell’università di Pavia risulta che vi è una anomale tendenza dei medici del Ssn a privilegiare i farmaci con brevetto rispetto a quelli con brevetto scaduto. Sempre secondo questa ricerca sono paradossalmente i pazienti appartenenti alle fasce sociali più basse a ricorrere maggiormente al farmaco “griffato”. Il nostro sistema sanitario oltre a scontare una più accentuata propensione dei medici a prescrivere farmaci sotto brevetto, e una scarsa informazione dei pazienti, sconta il fatto che vi è ancora una maggiore tolleranza che altrove a rimborsare farmaci brevettati ancorché più costosi del corrispondente generico, laddove il medico ne indichi la necessità terapeutica. Se la spesa farmaceutica per farmaci generici fosse in linea con i Paesi europei più avanzati ci si potrebbe attendere un risparmio di circa 4 miliardi di euro: pari al doppio di quanto atteso tassando le pensioni sopra i 3500 euro lordi, due volte circa il gettito derivante dall’aumento di un punto di Iva, 1/5 del gettito complessivo dell’Imu. Se poi si applicasse l’emendamento sui farmaci monodose approvato nel decreto liberalizzazioni del 2012, si aggiungerebbe un altro risparmio pari a circa 2 miliardi di euro.
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