Cultura

Letteratura, lo scrittore del tempio

Sono tornata al tempio. Sono ripetitiva, almeno tre post cominciano così. Ma sono tornata al tempio. Le vecchie sono sedute sulla solita panca, mi chiamano, una scuote la testa con disapprovazione. E allora, chiedo, che avete? Eccomi, non sono mica morta. Loro pensavano che fossi morta invece. Oh mamma, no. Parli bene, dice una di loro. Bedda, aggiunge l’altra, quella senza denti. Sono una persona libera, intendete questa parola: libertà.

La vecchia senza i denti davanti ride e mi allunga la mano tremolante, mi sfiora la faccia e sussurra: gioia mia. Una fa segno verso un tizio seduto più in là, ha un tavolo, davanti, apparecchiato con qualche libro. Le vecchie dicono che è uno scrittore, vende i suoi romanzi. Da dove siamo leggiamo persino la locandina, fermata con un chiodo, un foglio di quaderno: c’è scritto Piddicuru. E’ il titolo del romanzo. Ma che è sta roba chiedo alle vecchie. Tengono gli occhi bassi un po’ perplesse, un po’ drammatiche. Ehi, cos’è piddicuru, che lingua eh, chiedo. Le vecchie mi guardano assenti, sembra almeno. Parla in dialetto dice la vecchia che frequenta la balera di via Trieste. Lo scrittore parla in siciliano, ma di quale amena Sicilia vallo a capire. Penso che si debba vergognare, lo penso nella mia testa, non è giusto che io lo dica e nemmeno che lo pensi. Però è così. Vende broccoli, patate? No, vende una qualche sottomarca di letteratura. Icastica. Sì, snob, caustica, stron..za. Forse, ma chi li compra? Noto un turista, appena curioso, si ferma, prende quel tomone lì, e gira i tacchi. Credo che abbia persino riso con la compagna.

Insomma non si vende la letteratura, non in questo modo. Sì vabbè letteratura. Le vecchie mi guardano, a loro piace quando non si sa di che accidenti parlo. Loro annuiscono, poi mi distraggono. Fanno segno verso su. Dico: un altro scrittore che vende broccoli? No, dice una, è Gaetano. Gaetano è il nipote. E questo è un fatto. Dignitosissimo, meglio che uno scrittore che vende al tempio romanzi di non so che, con titoli assurdi. Peraltro chiedo: di grazia signore, quanto costa, non al chilo, uno solo? Lui dice: venti euri. Euro l’avrei lasciato al singolare, perché suona meglio.