Mondo

Iraq, i curdi: “Riconquistata la diga di Mosul”. Oltre venti raid Usa in due giorni

Solo oggi, almeno 14 bombardamenti. I peshmerga dichiarano di avere di nuovo il controllo sulla chiusa più grande del Paese, nelle mani dai miliziani da più di un mese. Il primo ministro inglese: "Lo Stato islamico potrebbe crescere fino ad arrivare per le strade del Regno Unito"

Le forze curde hanno riconquistato la diga di Mosul, la più grande in Iraq, strappandola ai jihadisti dell’Isis. Lo hanno annunciato funzionari curdi alla Bbc. Determinanti sono stati i nuovi raid dei caccia americani, che sono nella giornata di oggi hanno condotto 14 bombardamenti contro i miliziani vicino alla diga. La chiusa, a nord del Paese, fornisce acqua e elettricità alla maggior parte della regione settentrionale dell’Iraq, indispensabile per l’irrigazione dei campi nella provincia di Ninive. Attorno alla diga, conquistata dall’Isis a inizio agosto, si è sviluppata una battaglia tra jihadisti e curdi, sostenuti dai ripetuti raid americani con caccia e droni. Secondo l’ex ministro degli Esteri iracheno, il curdo Hoyshar Zebari, i peshmerga hanno incontrato “una fiera resistenza” dei miliziani, che li hanno colpiti con “bombe sul ciglio della strada e attentatori suicidi”. Il prossimo obiettivo, ha aggiunto, è ripulire la piana di Ninive “per permettere il ritorno delle minoranze“. 

Oltre venti raid americani negli ultimi due giorni – Gli ultimi 14 raid, condotti con successo anche da droni, hanno danneggiato o distrutto dieci vettori blindati, sette Humvees, due veicoli armati e un checkpoint dell’Isis. Secondo l’agenzia irachena Nina, gli ultimi bombardamenti hanno anche ferito 44 miliziani. I raid si aggiungono ai nove lanciati sabato 16 agosto dagli Usa, che stanno intensificando gli attacchi contro gli uomini dello Stato Islamico. Intanto, fonti curde citate dalla Bbc affermano che le loro forze “stanno avanzando” sul terreno nel quadro dell’offensiva congiunta con gli americani. Le forze peshmerga inoltre, appoggiate dai bombardamenti americani, hanno riconquistato tre cittadine nel nord dell’Iraq cadute solo la settimana scorsa nelle mani dell’Isis. La risposta degli uomini di Al Baghdadi ai raid che Al Jazeera ha definito “i più pesanti dall’inizio dell’intervento americano” non si è fatta attendere. Secondo fonti irachene, i miliziani hanno fatto saltare il ponte di Fadiliyah, a 45 chilometri a nord est di Hilla, capoluogo del governatorato di Babil. Intanto, continua il tentativo dei curdi di togliere ai miliziani la città simbolo di Mosul. 

La guerra dell’acqua: quando controllare le dighe è una strategia – Il possesso della diga di Mosul resta uno degli snodi strategici del conflitto in Iraq, dove gli jihadisti controllano ampi tratti del corso superiore del Tigri e dell’Eufrate, oltre ad avere come obiettivo gli impianti idrici per interrompere i rifornimenti al sud del paese, a predominanza sciita. Secondo fonti curde, l’Isis sembra non avere più il controllo della gigantesca diga di Mosul, che alimenta praticamente tutto il Kurdistan, ma mantiene la gestione di quella di Samarra, sul Tigri. Lo scorso aprile, i miliziani avevano occupato un’altra piccola diga, quella di Nuaimiyah sull’Eufrate, e deviando il corso del fiume avevano allagato le aree occupate dall’esercito regolare, inondando un raggio di 300 chilometri e distruggendo circa 12mila abitazioni (fonti Onu), mentre intere città, da Kerbala a Nassiriya, erano rimaste senz’acqua. 

Cameron: “Senza aiuti, lo Stato Islamico crescerà fino a colpire l’Inghilterra” – Se non si interviene “i jihadisti dello Stato islamico potrebbero crescere fino a colpire persone per le strade del Regno Unito“. Lo ha annunciato il premier britannico David Cameron scrivendo al Sunday Telegraph. Secondo Cameron, una “risposta umanitaria” contro il gruppo ribelle non è abbastanza; al contrario è necessaria una “ferma risposta di sicurezza“. Un intervento che per la prima volta fa leggere fra le righe la propensione di Londra verso un coinvolgimento maggiore in Iraq rispetto a quanto messo in campo fino ad adesso. Il premier sceglie di farlo intervenendo direttamente con un articolo su un domenicale, con un messaggio che sembra diretto a quell’opinione pubblica che si mostra ancora traumatizzata dall’intervento in Iraq del 2003.

“Donne vendute e mercato nero del petrolio, ecco come si finanziano” – Donne vendute al mercato degli schiavi, affari con il mercato nero del petrolio e rapinando i beni delle minoranze perseguitate. Sono alcuni dei modi attraverso i quali si finanzia lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Secondo quanto riporta il sito Terrasanta.net, l’ultimo metodo di autofinanziamento dei fondamentalisti emerge dalla denuncia di Mohammad al-Qusahi, responsabile della Mezza Luna rossa della piana di Ninive. “I miliziani del califfato hanno fermato decine di famiglie delle minoranze turkmena, yazidita e cristiana in attesa di imbarcarsi su un volo all’aeroporto di Tel Afar – ha raccontato al-Qusahi all’agenzia in lingua araba Niniwa Media – Hanno ucciso tutti gli uomini e poi hanno preso le donne, portandole in un luogo segreto per venderle sul mercato di Mosul”. Si tratta della ricomparsa delle cosiddette Sabaya, termine arabo che indica la donna quando è “preda di guerra” da esporre e vendere al mercato. Sorte che sarebbe toccata ad almeno 400 della minoranza yazidita della regione del Sinjar, assalita il 7 agosto dai miliziani islamici.

In Siria uccisi 700 membri della tribù Chaitat – Si combatte anche in Siria, dove la furia degli uomini di Al Baghdadi ha ucciso nelle ultime due settimane oltre 700 membri della tribù Chaitat, che nel paese scossa dalla guerra civile si ribellano alla loro autorità nell’est. Lo rende noto l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Ondus). Tra le vittime, si precisa, cento sono combattenti e il resto civili, uccisi nella provincia di Deir Ezzor.