Politica

Patto del Nazareno, Prodi nella patria dei Tavecchio

Confesso di aver letto con somma curiosità l’intervista a Matteo Renzi uscita lunedì su Repubblica, alla ricerca di un nome, quello di Romano Prodi. Come i nostri lettori sanno il Fatto è impegnato da tempo nella ricerca dell’autentico Patto del Nazareno, faticosa al pari della ricerca del mitico vello d’oro che aveva il potere di guarire le ferite. Mentre qui, più modestamente, si tratta delle tavole della legge sottoscritte da Renzi con Berlusconiun fatale giorno di febbraio ma che nessun’altro (a parte i complici) ha potuto leggere, forse perché l’accordo con un pregiudicato contiene sempre qualcosa di compromettente.

E siccome il diavolo non fa i coperchi qualcosa piano piano da quella strana pentola comincia a tracimare, e non ha un odore gradevole. Per esempio, che il successore del Napolitano pro tempore non ha da essere quel Romano Prodi, inviso all’ex Cavaliere, forse perché è l’unico da cui è stato battuto in campo aperto e con il quale non è mai riuscito a fare inciuci.

Quando lo abbiamo scritto ci aspettavamo una qualche smentita sia pure di facciata. Mentre però a palazzo Grazioli la cosa è stata presa quasi come un’ovvietà da palazzo Chigi silenzio di tomba. Poi l’intervistona di Renzi.

Quale migliore occasione per una parola definitiva sulla questione da parte del giovane premier. Orgogliosa: un veto sul padre del Partito Democratico, ma siamo impazziti?! Indignata: se Berlusconi avesse solo osato chiederlo me ne sarei andato sbattendo la porta. Sarcastica: sì, e voleva anche che gli cedessimo Cuadrado al Milan. E invece nulla, bocche cucite. Di Renzi e di tutti quelli che da Romano Prodi hanno ricevuto incarichi e poltrone ministeriali, e sono plotoni. Qualcuno ci ha consigliato di leggere meglio dentro una frase del titolo: “niente scambi nel Patto del Nazareno”, una sorta di enigma che neppure abbiamo ritrovato nel testo.

Insomma, par di capire che perfino pronunciare il nome di Prodi rischia di irritare il padre costituente di Cesano Boscone. Del resto, nella patria di Carlo Tavecchio for president, uno che nel curriculum a parte le banane può vantare numerose menzioni nel bollettino del protesti, sui galantuomini è meglio tacere. Non fosse mai che qualcuno ne sentisse la mancanza. E comunque ora si capisce qualcosa di più sui 101 che affossarono il professore di Bologna.

Il Fatto Quotidiano, 6 Agosto 2014