Diritti

Kuwait, dieci anni di carcere per dei tweet

Lunedì scorso, proprio mentre i commentatori di questo blog si scontravano duramente sulle responsabilità dei crimini di guerra commessi a Gaza, Hamad al-Naqi, 24 anni, kuwaitiano, veniva condannato in via definitiva a dieci anni per commenti che aveva scritto sul suo profilo Twitter. Ammesso che li avesse scritti davvero lui.

La corte suprema del Kuwait, l’emirato retto dalla famiglia al-Sabah (uno di quelli paesi cui, di default, si tende ad associare l’aggettivo “moderato”) ha giudicato al-Naqi colpevole di aver insultato le autorità dell’Arabia Saudita e del Bahrein, diffuso informazioni false per screditare l’immagine internazionale del Kuwait e offeso il profeta Maometto, sua moglie e i suoi messaggeri.

Al-Naqi, appartenente alla minoranza sciita del Kuwait (circa un terzo della popolazione, su un totale di poco più di 1.300.000 abitanti, non contando decine di migliaia di bidun, esclusi dalla cittadinanza), era stato arrestato nel 2012. Ha sempre dichiarato che il suo account su Twitter era stato attaccato da hacker.

Quello di al-Naqi non è l’unico caso di condanna nei confronti di un utente di Twitter. Dalla crisi politica del 2012, quando la “primavera araba” ha agitato le acque anche in Kuwait, le autorità hanno stretto i controlli sui social network dimostrandosi inflessibili nei confronti di chi offende l’emiro, che la costituzione del paese definisce “immune e inviolabile”.

La stessa costituzione, peraltro, prevede anche il divieto d’espulsione di un cittadino. Sorte che potrebbe capitare, invece, ad Abdullah Abd al-Kareem, che il 9 gennaio di quest’anno – per le offese rivolte su Twitter all’emiro – è stato condannato in primo grado a cinque anni di carcere seguiti dall’esilio.

Dall’ottobre 2012, le autorità giudiziarie del Kuwait hanno avviato 35 procedimenti giudiziari per offese all’emiro, 18 dei quali terminati con condanne in primo grado o in via definitiva.

Le offese all’emiro nascondono un “reato” più grave: fare opposizione. Sempre lunedì scorso, per la prima volta dalla fine della guerra 1990-91, sono stati emessi provvedimenti di revoca della cittadinanza. Destinatari, tra gli altri, un ex parlamentare e il proprietario della tv satellitare Al-Yawm e dell’omonimo quotidiano.

Ad al-Naqi, intanto, non resta che puntare al perdono da parte dell’emiro. Sperando che la richiesta di grazia non lo offenda.