In carcere sono finiti avvocati per i diritti umani come Mohammed al-Mansouri, docenti universitari come Mohammed al-Roken, ex giudici come Ahmed al-Zaabi nonché il fondatore dell’università Ittihad, lo sceicco Sultan Kayed Mohammed al-Qassimi. Le indagini e il processo sono stati segnati da numerose irregolarità: firme false apposte su “confessioni” mai rese, diniego del diritto alla difesa e, soprattutto, l’uso massiccio della tortura – mai indagato – durante gli interrogatori e tra un’udienza e l’altra del processo.
L’elenco delle torture è sconvolgente: pestaggi, sospensioni a testa in giù, barba e peli del petto strappati, unghie delle dita delle mani sollevate e tirate via, corrente elettrica, minacce di stupro, privazione del sonno, esposizione a luci al neon notte e giorno, lunghi periodi di isolamento. Secondo il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie, i 61 uomini n carcere da un anno sono “colpevoli” unicamente di aver esercitato i loro diritti alla libertà d’opinione e di espressione e alla libertà di associazione e manifestazione pacifica.
Il 5 febbraio Gabriela Knaul, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sull’indipendenza dei giudici, ha commentato che il sistema giudiziario degli Emirati rimane di fatto sotto il controllo del governo.