Cronaca

Cosa chiede la Sardegna alla Conferenza nazionale sulle servitù militari – Intervista all’assessore Erriu

Il 18 giugno si terrà la seconda Conferenza Nazionale sulle servitù militari. Abbiamo intervistato l’assessore regionale agli Enti Locali della Sardegna, Cristiano Erriu.

Assessore Erriu, conferma che il 18 giugno si terrà la seconda conferenza nazionale sulle servitù militari?
La seconda Conferenza nazionale sulle Servitù Militari si terrà a Roma presumibilmente i prossimi 18 e 19 giugno. Considerato che la prima conferenza si tenne nel maggio 1981 e dato il contributo enorme dato dalla Sardegna, che ospita ben il 64% delle intere servitù militari presenti in Italia, è il caso di avviare una riflessione molto approfondita sulle servitù essenziali, sul loro impatto nei territori, sul ruolo delle regioni e degli enti locali, sui disciplinari per la tutela ambientale.

Con che impostazione si presenta la Sardegna alla Conferenza?
Riavviare un confronto circa la definizione di uno schema di Intesa tra la Difesa e la Regione. I punti indicati dalla Regione riguardano le rivendicazioni storiche:
1) tutela ambientale e salvaguardia della salute;
2) avvio dei processi di riduzione dei Poligoni;
3) avvio di processi di riconversione delle attività svolte nei poligoni;
4) impatto delle attività addestrative sulle prospettive di sviluppo dei territori.

E’ recente il caso dei rappresentanti del Comipa che non sono stati fatti entrare a Teulada. Quali sono le relazioni della Sardegna con le forze militari?
Il caso di Teulada è un incidente di percorso piuttosto spiacevole. Bastano le cifre per capire la specificità sarda non si può minimamente ignorare né minimizzare:
– nell’ambito del territorio regionale: oltre 30.000 ettari sono impegnati dal Demanio militare. Circa 13.000 ettari, gravati da servitù militari vere e proprie, vengono utilizzati per campane di sgombero durante le esercitazioni militari nei poligoni, in proprietà private o comunali.
– vasti tratti di mare sono permanentemente inibiti alla navigazione, e 80 Km di costa non sono accessibili per alcuna attività economico-turistica. Nelle zone demaniali e soggette servitù sono interdetti per la gran parte dell’anno le normali attività umane ed economiche;
– in Sardegna sono dislocati tre poligoni di tiro, a Capo Teulada, a Capo Frasca e a Salto di Quirra. I poligoni di Perdasdefogu e Teulada sono i più vasti d’Europa.

Quali sono i vostri obiettivi minimi e quali quelli massimi alla Conferenza?
Ribadisco l’assoluta necessità di inserire nel protocollo una specifica disciplina dei seguenti argomenti:

  1. tutela ambientale e della salute;
  2. avvio di processi di riduzione dell’estensione dei Poligoni e delle aree soggette a servitù;
  3. avvio di processi di riconversione delle attività svolte nei Poligoni, attraverso la previsione della localizzazione in Sardegna da parte della Difesa di propri programmi di sviluppo produttivo, anche in una prospettiva dual use, che rappresentino occasione di sviluppo e di incremento dell’occupazione e delle competenze nei territori;
  4. impatti delle attività esercitative sulle prospettive di sviluppo dei territori.
  5. la definizione di un percorso condiviso per la valutazione degli eventuali costi da mancati sviluppi alternativi dei Comuni nei quali insistono i Poligoni;
  6. riavvio dei processi di dismissione e acquisizione al patrimonio regionale dei beni immobili del Demanio Militare non più in uso o non più necessari.

Avete intenzione di coinvolgere il Consiglio e le rappresentanze degli enti locali o altri portatori di interesse?
L’importanza del tema richiede il massimo coinvolgimento delle istituzioni rappresentative del popolo sardo, oltre che delle forze politiche, sociali e dei portatori di interesse. Più saremo compatti più saremo in grado di far sentire alta e forte la nostra voce.

La presenza di servitù militari è per lei un beneficio o un limite?
Uno dei punti su cui verrà impostata la vertenza riguarda proprio la realizzazione di uno studio che consenta di misurare i costi da mancato sviluppo generati dalla presenza di vincoli e gravami militari e di compararli con i benefici economici indotti dalla presenza delle servitù. In assenza di una valutazione di tal fatta, che dovrà essere svolta da un soggetto terzo, indipendente e autorevole, si rischia di esprimere giudizi privi di riscontro oggettivo. Personalmente resto convinto che la presenza dei gravami sia un peso insostenibile per molti dei nostri territori.

C’è uno scollamento tra quelle che sono le esigenze della popolazione e ciò che arriva ai nostri rappresentanti?
Occorre ridurre questo scollamento. La Regione non può rinunciare a svolgere un ruolo di raccordo e di sintesi degli interessi economici in gioco. Ma vi sono dei punti su cui non bisogna transigere e sono quelli che riguardano la salute e la qualità ambientale. In passato la Regione è stata un po’ troppo tiepida e ha lasciato a qualche Sindaco il ruolo di avanguardia. La stessa Difesa ha preferito seguire la strada di trattare in modo differenziato con le istituzioni locali.

Il ministero della Difesa parla di una possibile riconversione e avvio di nuove attività. Come immagina un futuro di “riconversione”?
Le possibili  attività di riconversione sono tante e differenziate. Ogni riconversione non può prescindere da una bonifica dei siti, anche se questo potrà comportare oneri piuttosto consistenti.

Nel Sarrabus è in atto uno scontro ideologico tra chi vorrebbe conoscere i rischi per la salute legati ad attività militari, e chi invece difende strenuamente il proprio diritto al lavoro, senza mettere in discussione la base. Che ne pensa?
La vicenda del Sarrabus è emblematica. Non mi sento di esprimere una posizione che solo chi vive e opera in quei territori capisce sino in fondo. Credo che occorra fare tutto il possibile per evitare di essere obbligati a scegliere tra la salute e il lavoro e lavorare perché si raggiunga un equilibrato punto d’incontro tra le diverse posizioni.

di Enrico Lobina e Manuela Podda