Società

Announo: Giovanardi, le droghe leggere e il dibattito fermo

Per Announo arriva la prova del fuoco: la puntata sulla legalizzazione della cannabis. Ogni talk show che si rispetti deve passare per le forche caudine del tema nazional-popolare che accende e divide più di derby calcistici, destra-sinistra e signoraggio bancario. Ed ogni programma che vuol dare fuoco alle polveri (o al cilum in questo caso) non può non far entrare nell’arena lo “zar antidroga” de noantri, il paladino delle regole e della disciplina, l’eroe italico di una delle più surreali crociate che la storia contemporanea ricordi, quel Carlo Giovanardi che tutti conosciamo (e riconosciamo) per la tolleranza, la moderazione, lo spessore politico. E soprattutto per le opinioni ragionate. Beh il nostro Harry Anslinger, stasera sarà ad Announo, solo contro tutti, a difendere la sua creatura, l’indistruttibile legge 49/’06 che tutti, ricorderanno, è entrata clandestinamente nell’ordinamento (almeno così sostiene la Corte Costituzionale) ne è stata espulsa dalla Consulta a febbraio ed ora si trova, miracoli della politica, ad un passo dalla resurrezione (giuridica). Sullo sfondo, la battaglia sul web tra i protagonisti di Announo dove gli hashtag #iostoconmaria e #iononstoconmaria dividono il campo tra pro legalizzazione “il proibizionismo ha fallito” e contro “ Le droghe leggere sono propedeutiche a quelle pesanti”.

Un dibattito che si annuncia dai toni un po’ old school e che promette scintille mediatiche ma rischia di restare intrappolato nel “loop” infinito “la droga fa male – la cannabis non è una droga” che caratterizza il tema. D’altronde con Giovanardi in studio, non c’è pericolo che si esca dal copione; il personaggio lo conosciamo bene tutti: si esprime, a volte, tra l’orrido ed il fumettistico, non ama particolarmente le opinioni contrarie alle sue e soprattutto, nonostante l’età pensionabile sia per lui prossima, tocca rassegnarsi al fatto che la generazione di adolescenti di oggi dovrà attendere l’età adulta avanzata, prima che il senatore decida finalmente di dedicarsi full-time ai nipoti o a qualche hobby per la terza età. Permettendo così al dibattito di evolversi.

Perché il problema è proprio questo: il dibattito sulle droghe, in Italia, è ad un punto morto. I politici delle grandi formazioni non fanno passi avanti, per timore di indispettire l’elettorato moderato (soprattutto quello cattolico) e allora il mantenimento dello status quo finisce per assecondare le bislacche teorie del Giovanardi nazionale e dei suoi supporter. Eppure per smuovere la situazione potrebbe bastare poco: tra chi sostiene il diavolo e chi l’acqua santa, basterebbe venire a far visita nei Paesi Bassi, “paradiso” dei fan della cannabis, dove dal 1976 ogni settimana vengono acquistate e consumate nei coffee shop tonnellate di cannabis semi-regolamentata e vedere come se la cava la società olandese con il “demonio verde” integrato nella vita di tutti i giorni.

Condivido il sorriso beffardo sulle labbra: “Parlamentari pagati per andare in missione per coffe shop” ma, ironia a parte, al politico italiano che volesse dati sul consumo, statistiche sull’efficacia di un regime regolamentato e quant’altro, non restano che due strade: affidarsi alla stregoneria del Dipartimento Politiche Antidroga (e di Giovanardi) oppure venire ad Amsterdam a studiare come funzionano i coffee shop ed il loro impatto sociale ed economico, a parlare con il sindaco e con il capo della polizia e con il direttore del Trimbos – l’istituto nazionale olandese di ricerca sulle dipendenze che offre evidenza scientifica alle autorità dei Paesi Bassi- . Sono preferibili le speculazioni a cui ci ha abituato il “defenestrato” Giovanni Serpelloni, il grottesco umorismo di Carlo Giovanardi o i quasi 40 anni di esperienza delle istituzioni olandesi? Forse sarebbe ora che una delegazione, trasversale, di parlamentari italiani, venisse a visitare Amsterdam ed a parlare con chi ha scelto di regolamentare il consumo.

Non sarebbe la prima volta per un’istituzione: già nel 2008 una delegazionae dell’Unodc, l’agenzia delle Nazioni Unite custode delle Convenzioni Internazionali antidroga con a capo l’italiano Antonio Maria Costa, venne ad Amsterdam per studiare il modello dei coffeeshop. 

Oggi, con gli esperimenti americani alle prime battute e quello in Uruguay ai nastri di partenza, quella olandese, è ancora l’unica esperienza al mondo di regolamentazione della cannabis ad offrire dati significativi per far uscire il dibattito pubblico dall’ideologia e dagli slogan.

Se i parlamentari non ci pensano, magari si può dar loro una mano #onorevolevaiadamsterdam