Cronaca

Napoli, la volontà politica di tagliare l’albero dai frutti maledetti

Napoli è una città bella e contraddittoria. Carica di energie pulite e di vecchie cianfrusaglie di cui non riesce a liberarsi. Come tutte le città conosce il bene e il male. Qui, come nel resto del Paese trovano spazio l’avarizia e la generosità; il peccato e la grazia.

Napoli è dei napoletani, quelli veri, quelli onesti, quelli che  si rompono la schiena per portare il pane a casa. Bisogna fare attenzione a non confondere questa gente con i camorristi che in questo luogo hanno attecchito e per i quali pare che non si riesca a trovare una soluzione. Certo il fenomeno ci interroga e ci inquieta. Non una volta sola abbiamo detto e scritto che là dove lo Stato è presente la camorra arranca.  Questa regola vale sempre e dappertutto. Lo Stato deve far sentire la sua voce. Non la voce della repressione, quella verrà dopo e solo per chi lo merita. La voce deve essere quella autorevole del padre attento ai bisogni dei figli. Uno Stato pronto a educare, a rassicurare, a garantire  libertà, e, quando occorre, a punire e reprimere. Credo che in Italia sia giunto il tempo di levarci le maschere e guardarci negli occhi. Diciamo subito, allora, che se in tanti quartieri della città non si facesse ricorso all’illecito, al sommerso, alla microcriminalità dovremmo celebrare funerali di giovani e bambini morti per fame, tutti i giorni. Chiedo a chi legge di non scandalizzarsi facilmente per ciò che scrivo.

È giusto e doveroso difendere gli onesti e arrestare i malavitosi. Un Paese civile e democratico come il nostro deve garantire un sereno svolgimento della vita a tutti. Però dobbiamo essere uomini compiuti in senno e smetterla di fare gli struzzi. Chiedo a tutti –  in particolare a chi detiene la cosa pubblica – di rispondere onestamente a questa domanda: che cosa deve fare un genitore quando, dopo estenuanti ricerche per trovare uno straccio di lavoro anche per pochi spiccioli, non riesce  a trovare niente? So di correre qualche rischio di incomprensione, ma di fronte allo spauracchio della morte certa, per fame o freddo dei propri figli, quale essere umano non tenterebbe di risolvere il problema a modo suo?

La camorra ha bisogno di persone oneste per sopravvivere. Ha bisogno dei “pinguini” da addestrare. E noi, pur sapendolo, li lasciamo nelle loro mani. Un vecchio proverbio napoletano dice che i bambini chiamano “babbo” chi gli dà da mangiare; e se a sfamarlo è la camorra, ecco che, per tanti, essa diventa padre e madre. Ha preso, cioè, il posto dello Stato. Lo ha usurpato? Certamente. Non era suo, non poteva e non doveva. Il guaio, però, è che quel posto era terribilmente vuoto. Se non si parte da queste considerazioni elementari, saremo sempre allo stesso punto. Ci indigniamo? Bene. Ci scandalizziamo? Meglio. Le cose, però, non cambieranno. D’altronde rispetto a chi ci ha preceduto stiamo peggio. Mi faccio capire.

A Napoli e dintorni, da sempre, vige l’arte di arrangiarsi. Arrangiarsi vuol dire vivere alla giornata, cogliere  l’occasione. Vuol dire non avere certezze per il futuro, inventarsi la vita giorno dopo giorno. Ma praticare questo mestiere diventa sempre più difficile. Perché ogni lavoretto inventato per arrangiarsi sfocia nella illegalità. Dal venditore ambulante di calzini alla signora che abbrustolisce spighe; dall’acquafrescaio all’imbianchino. Chiunque può essere fermato e multato perché non ha le carte in regola. Ecco allora la tenaglia che strozza i poveri. Che fare? Il lavoro non c’è. I servizi sociali sono del tutto assenti. Lo stomaco reclama, i vecchi si ammalano, i fitti arrivano alle stelle. Che fare, dunque? Per noi poi, popolo amante della vita, c’è un altro dramma nel dramma. La miseria sta portando a una vera ecatombe di bambini non nati. Le nostre parrocchie, con gli scarsissimi mezzi che hanno a disposizione, ogni anno riescono a salvare dall’aborto certo centinaia di bambini. L’aborto dei poveri… così diverso dall’aborto dei ricchi. I poveri accolgono la vita come un dono, ma il terrore di non farcela convince tanti  giovani a eliminarla prima che nasca. In Campania il servizio sanitario lascia a desiderare. Al danno si aggiunge una beffa beffarda e insopportabile. Ci ammaliamo di più perché più poveri e grazie ai rifiuti industriali del Nord Italia interrati in modo criminale nelle nostre campagne; e ci curiamo peggio perché gli ospedali sono strapieni e, nonostante la bravura e la generosità dei medici, neanche loro riescono a far fronte ai bisogni degli utenti.

Se chi ci governa per davvero vuole estirpare la radice perversa della camorra con i mille problemi che a tutti i livelli genera deve partire da qui. Le parrocchie presenti su territorio, la scuola, le persone perbene,  la marea di volontari, le varie Istituzioni possono offrire un grandissimo contributo purché si abbia la volontà politica di tagliare alla radice l’albero maledetto dai frutti velenosi.