Cinema

Cannes 2014, da Godard a Loach i ruggiti dei ‘vecchi’ Leoni

Ken Loach, Mike Leigh, i fratelli Dardenne, David Cronenberg, Jean-Luc Godard. Ovvero vecchi leoni evergreen, mai stanchi di ruggire. Sono loro gli irriducibili di Cannes 2014. Tutti over 60, hanno portato in concorso opere “resistenti”, diversamente capaci di ricordarci che la speranza, il coraggio, la costanza e soprattutto l’onestà sono valori non solo per (tentare di) vincere, ma per vivere e non ridursi a sopravvivere.
Sarà perché loro di crisi epocali quanto la presente ne hanno già viste e vissute, o sarà per una tempra speciale di cui sono stati dotati da madre natura, il punto è che nessuno dei Maestri in corsa per la Palma d’oro ha deciso di arrendersi, né di smettere di fare cinema. Anzi.

Il 78enne Ken il Rosso, al suo 12° Cannes che vinse nel 2006 con The Wind that Shakes the Barley, ha assicurato il suo pubblico che continuerà a mietere film-denuncia, assalti al potere, difese ai diritti civili e sociali. Oggi è passato il suo Jimmy’s Hall, storia irlandese riesumata dalla lotta indipendentista che si radica tra gli anni ’20 e ’30. Il protagonista è l’attivista Jimmy Gralton, devoto alla causa Irish per l’intera sua esistenza, parzialmente vissuta da esule a New York. “E’ un film sulla libertà, condizione necessaria per vivere e amare” ha chiosato, con il garbo che lo distingue insieme a tenacia e ferrea coerenza, da sempre. Il suo – benché ambientato in un’altra epoca – è l’ennesimo contributo alla società odierna, malata di disperazione, disillusa e frustrata.

Eco perfetta offerta ai fratelli Jean-Pierre & Luc Dardenne nel loro tesissimo Deux Jours, Une Nuit: il racconto asciutto di una povera operaia belga che – causa depressione – è rimasta in malattia per un periodo e il suo reintegro dipenderà dalla scelta “democratica” dei colleghi sottoposti a una sorta di ricatto aziendale, o lei o un bonus a ciascuno di mille euro. Una scelta che nessuno vorrebbe fare, o forse sì, al giorno d’oggi. Sandra (resa forte e fragile da Marion Cotillard) decide sostenuta dal marito di bussare di porta-in-porta a chiedere di votare per lei. La precarietà sensibilmente raccontata dai Dardenne è il “nostro” vero male, che si diffonde rendendoci paralizzati. Non c’è tregua per nessuno: lacrime di rabbia intima e condivisa sono scese durante le proiezioni del film, troppo vera e troppo violenta è questa Verità.  Ma se l’onestà ancora ha un senso, ecco che questa in Deux Jours, Une Nuit fa mirabilmente capolino sul finale del film, perché arrendersi è da codardi.

Qualcosa che a modo suo ha raccontato anche Mike Leigh con l’osannato Mr. Turner, solo apparentemente un biopic “d’Artista”. Non fa mistero che JM William Turner decise di regalare la sua opera omnia al popolo britannico rinunciando a milioni di sterline: l’arte, la cultura, la Bellezza sono patrimonio di tutti. Ed ecco, quindi, il sostegno da parte di Leigh del concetto di welfare culturale, oggi disprezzato e soprattutto dimenticato dalle nuove generazioni.

Nuove generazioni che già a 13 anni sono psicanalizzate, come la babystar orrorifica di Maps to the Stars di David Cronenberg, l’irriducibile descrittore dell’umanità “monstre”. Come sempre, anche in questa prova che ha diviso la critica, non risparmia nessuno: Hollywood è dunque presa di mira come esempio di inferno, di luogo ove il bene è irrevocabilmente trasformato in male, e a vincere è sempre e solo Wall Street. Vedere il suo film (già nelle sale) per credere. Cronenberg non offre soluzioni, ma la sua denuncia è implacabile.

Come lo è – dichiaratamente in manifesto – quella dell’83enne Jean-Luc Godard, mai stanco di urlare contro ogni omologazione, totalitarismo, superficialità. Il suo nuovo j’accuse è arrivato ieri con l’acclamata proiezione di Adieu au langage: film “godardiano” feroce e definitivo.

Qualcuno tra loro meriterà un premio in questa Cannes ormai assediata di lustrini: ma arrivati a tali età ed esperienze (e con già parecchie Palme, Leoni e Orsi in casa..) non hanno interesse ai riconoscimenti, bensì a ché i loro sforzi servano a qualcosa, a parlare al mondo. Perché loro sono ancora in guerra, i veri combattenti del grande Cinema.