Società

Milano, cacciata dal Duomo per mise indecente

Neanche al Sultan Ahmet, la moschea blu di Istanbul. Neanche fosse entrata in vigore la Sharia, la legge islamica, nell’interpretazione della più retrograda delle madrasse. Sono stata cacciata dal tempio come i mercanti del Vangelo.

Accompagnavo le bambine a vedere le vetrate del Duomo, un integerrimo addetto al servizio d’ordine mi blocca all’ingresso e perentorio mi dice: “Non potete entrare”. Chiedo: “E’ già l’ora di chiusura?. Replica: “No, è per via del vestito”. Oddio, forse ha riconosciuto che è uno Zara. Avrei dovuto mettere lo Chanel? Poi mi indica la lunghezza della gonna, due dita sopra al ginocchio. Inammissibile, sono davvero troppo sconcia. E’ profanazione di un luogo sacro.
L’addetto mi indica i cartelli di divieto: niente cellulari,  niente scollature, niente sbracciature. 
Indosso un accollatissimo soprabito. Le mie figlie, di 14 e 13 anni, occhiali e macchinetta ai denti, sono quanto di più lontano dalla concupiscenza femminile. Passi per Anastasia che indossa un collant nero e monacale ma Leopoldine, la piccola, un metro e sessanta di altezza, viene additata quasi come una giovane lolita perché indossa un collant color carne. Vorrei chiedere un metro per misurare le gonne, alla fine troviamo un compromesso: io mi avvolgo uno scialle a mo’ di sudario intorno alle gambe. A Leopoldine viene chiesto di chiudersi il soprabito fino all’ultimo bottone. Trasecolo. Mi sento come la madre di due baby prostitute, eppure, immediatamente dopo la visita al Duomo, con gli stessi abiti, siamo dirette al Teatro alla Scala per una serata di beneficenza promossa dall’Airc (Associazione Italiana Ricerca contro il cancro). Non è esattamente una serata postribolare.
Credo di aver a che fare con l’alter ego del Mullah Omar: “Sono ordini dall’alto”. E mi porta in un sottoscala. Mi chiedo dove siamo andando. Dal cardinale Torquemada, il capo della Santa Inquisizione spagnola? Mi trovo davanti  alla responsabile del servizio cattedrale, Fiorenza Parmeggiani, che non fa un plissè quando le faccio notare che il provvedimento è da far ritornare sul sagrato le femministe rivoltose con pollici e indici unti in alto.

Invece risponde tutta d’un pezzo: “Sono provvedimenti presi in accordo con l’arciprete”. 

Negli stessi giorni in cui Milano è città d’avanguardia, capitale mondiale e indiscussa del design e di tutte le tendenze che fanno più tendenza, si misurano i centimetri delle gonne delle bambine.

Cosa faranno alle visitatrici dell’Expo, in canotta, shorts e ciole? Le bruceranno di fronte a Palazzo Reale?

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