Politica

Renzi: era necessario parlare di ‘svolta autoritaria’?

Nella notevole confusione che caratterizza la nuova fase politica nazionale (un governo con una maggioranza in cui c’è un pezzo di quella che era la sua naturale  opposizione, due opposizioni: una su tutta la linea, quella grillina e un’altra intermittente, quella berlusconiana, più i vari dissensi interni) c’è un elemento che contribuisce ad aumentare la confusione. Si tratta di un dato di linguaggio: l’uso sfrenato dell’iperbole nel dibattito politico sui giornali e in televisione, che ha finito per contagiare anche figure tradizionalmente agli antipodi di questi atteggiamenti. Se Brunetta dice che l’approvazione del decreto, che abolisce l’elezione dei consigli provinciali in scadenza a maggio, è un golpe, tutti capiscono in quale dimensione ci troviamo. Rientra in una vecchia formula per cui quanto più uno non riesce a combinare nulla alla prova dei fatti (per esempio quando è ministro), tanto più la spara grosse a parole.

Poi – ed è già un po’ più complicato- c’è chi costruisce la sua iperbole persino sui numeri, che dovrebbero garantire l’assoluta oggettività. Oltre al solito Brunetta, Grillo e anche qualche presidente di Provincia che vede terminare il suo percorso politico, gridano che è tutta una truffa, che non solo quel decreto non realizzerà risparmi di spesa ma addirittura la farà aumentare perché prevede anche l’aumento del numero dei consiglieri nei piccoli comuni. Ora è vero che in questo Paese ognuno fa girare i numeri a suo piacimento, ma qui la cosa è diversa. Infatti basta fare un semplice conto. Se quei posti nei consigli comunali fossero retribuiti, allora potrebbero produrre una spesa anche in grado di annullare o di superare i risparmi sulle province, ma poiché non lo sono, allora non generano alcun problema. Anzi, sono una bella innovazione sul piano civile, perché se un giovanotto, un pensionato o una signora di Ponte in Valtellina o di Marina di Ragusa la sera vogliono partecipare con il voto al governo del loro comune invece che stare a casa a guardare la tv, la democrazia ci guadagna.        

Ma di questo sembra non importi nulla. L’importante, invece, è dipingere scenari a tinte forti. E qui ho visto la cosa più sorprendente. Infatti, come già altre volte mi è capitato di dire su questo blog, ho la massima stima di Rodotà, Zagrebelsky, Carlassare e trovo tragicomica la compagnia dei liberali all’amatriciana Ostellino, Ferrara, Quaglieni, Berti con il loro contrappello, come ha già scritto Travaglio nel suo pezzo.  Ma proprio per questo non posso fare a meno di domandarmi: era proprio il caso di evocare una svolta autoritaria per la legge elettorale e la trasformazione del Senato proposte da Renzi? Non bastava dire che sono proposte sbagliate, che contengono dei meccanismi nocivi, che era meglio fare così invece che cosà e magari dire come era meglio, lasciando per una volta a casa l’iperbole? Proprio perché a parlare sono dei veri saggi  e delle vere autorità culturali e morali, avrei preferito che la definizione di “tentativi di svolta autoritaria” fosse utilizzata solo per quei casi in cui si sono manifestati davvero. E non sono stati neanche pochi in questo bel  paese.