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Unicredit, l’ad: “Ok investitori esteri”. Ma il predecessore fu cacciato a causa dei libici

Federico Ghizzoni vede bene l'arrivo di azionisti stranieri, come Blackrock in Intesa: "Talvolta sono più positivi". E pensare che nel 2010 l'ex numero uno di Piazza Cordusio, Alessandro Profumo, fu costretto a dimettersi proprio per via dell'incremento della quota della Lybian Investment Authority nel capitale della banca

Unicredit vede bene l’arrivo di azionisti stranieri come Blackrock nel capitale di Intesa San Paolo.  Perché, come spiega  l’amministratore delegato Federico Ghizzoni, “talvolta gli investitori esteri sono più positivi e ottimisti di quelli nazionali”. Quindi il fatto che un grande fondo come Blackrock torni a scommettere sull’Italia “dovrebbe far piacere a tutti”. Tanto più che, secondo Ghizzoni, per la prima banca del Paese, non c’è alcun un rischio scalata.

E pensare che invece, il suo predecessore, Alessandro Profumo, fu costretto a dimettersi proprio per via dell’incremento della quota dei soci stranieri nel capitale di Unicredit. Lo zoccolo duro degli azionisti italiani di Piazza Cordusio fece sapere chiaramente di non gradire il rafforzamento della Lybian Investment Authority nel capitale della banca. Così in un consiglio di amministrazione fiume, nel lontano 21 settembre 2010, Profumo venne sfiduciato. Con il voto contrario del vicepresidente di Unicredit, Farhat Bengdara, e del consigliere, Salvatore Ligresti. La vicenda fece a lungo discutere soprattutto per via della maxi liquidazione da 40 milioni di euro intascata da Profumo.

Tuttavia, alla luce di interrogatori Consob emersi di recente, l’intera faccenda può forse essere letta diversamente. Magari tenendo conto del fatto che, nel giugno del 2010, Profumo tentò il salvataggio della galassia Premafin­ Ligresti tirando in ballo i soci stranieri di Groupama con l’aiuto dell’azionista di Mediobanca, Vincent Bolloré. Un’operazione che, se fosse andata a buon fine, avrebbe cambiato il volto del salotto buono di Piazza Affari. In ballo c’era infatti una ricca dote di partecipazioni (Rcs, Pirelli, Generali, Mediobanca, Impregilo, Aeroporti di Roma e Alitalia) custodita gelosamente da Ligresti nella Premafin e finita poi nelle mani di Unipol secondo un piano, tutto italiano, delineato dalla Mediobanca di Alberto Nagel. Insomma, contrariamente a quanto dice Ghizzoni, i soci stranieri non sono sempre i benvenuti. E soprattutto non fanno piacere a tutti.