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Chávez, Maduro e il ‘cimitero delle frottole’

L’hanno fatto per salvarlo. Ed imperdonabile è che nessuno – con l’ovvia eccezione dei media al più o meno diretto servizio della ‘rivoluzione bolivariana’ – abbia per tempo colto e riportato una tanto lampante verità. Nicolás Maduro, presidente del Venezuela, ‘figlio’ ed ‘apostolo’ del ‘comandante supremo ed eterno’, Hugo Chávez Frías, ha ordinato l’arresto del leader d’opposizione Leopoldo López, non solo e non tanto per fargli pagare il fio dei suoi molti crimini – originalmente incentrarti attorno alle accuse, nientemeno, di ‘terrorismo’ e di ‘omicidio’ – quanto per sottrarlo alle grinfie assassine di ‘amici’ (amici del medesimo López, ovviamente) che avevano molto cinicamente deciso di ‘martirizzarlo. Ovvero: di fargli la pelle in un sanguinoso e caotico preludio di quel ‘golpe fascista’ che, protesta dopo protesta, violenza dopo violenza, l’opposizione va in questi giorni perversamente covando per ordine dell’ ‘Impero’.

Nel denunciare il diabolico piano, il presidente venezuelano (vedi video) è stato assai chiaro. Non ci troviamo di fronte ad un vago sospetto, ha detto, bensì ad un piano molto preciso e, quel più conta, molto chiaramente smascherato dai servizi di sicurezza. L’omicidio di López, ha inequivocabilmente aggiunto, è stato commissionato da un ‘alto dirigente dell’opposizione’ ed è stato organizzato nel corso di ‘varie riunioni’, una delle quali, la più importante, tenutasi ‘nel quartiere di Altamira’. Tutto, ha spiegato, già era al suo posto: i sicari, l’arma, l’ora ed il luogo del delitto. López doveva essere ucciso nel pieno della marcia dai lui stesso convocata per consegnarsi alle autorità…

Questo il figlio ed apostolo di Chávez ha molto compuntamente raccontato di fronte alle telecamere. E, sebbene da quelle dichiarazioni siano già trascorsi (ed invano) quattro giorni, tutto resta naturalmente possibile. Può essere che domani, dopodomani, o in uno qualunque dei giorni a venire, l’erede dell’ eterno riveli al mondo chi sia l’ ‘alto dirigente’ dell’opposizione che ha ideato ed organizzato l’omicidio di Leopoldo López poi sventato dal tempestivo e generoso intervento del governo che di quell’omicidio doveva essere accusato. Ma molto più probabile – sempre più probabile, in effetti, man mano che le giornate vanno trascorrendo – è che, nel rispetto di quella che è ormai diventata forse la più consolidata tradizione chavista, anche questa denuncia finisca, come un’inservibile rottame, in quel sovraffollato ‘cimitero delle frottole’ nel quale, da molti anni, vanno silenziosamente accumulandosi storie di “magnicidi” mai esistiti, di falsi golpe e di complotti fasulli d’ogni risma.

Di auto-attentati ai danni di candidati presidenziali d’ opposizione – tutti organizzati con ovvi intenti “golpisti” – già se ne trovavano almeno altri tre, in quel rugginoso cimitero. Tutti molto chiassosamente annunciati, tutti – come quello contro López – ‘provati’ nei minimi dettagli, tutti eroicamente sventati dai servizi di sicurezza e tutti, senza eccezioni, rapidamente rottamati, come accendini usa-e-getta, appena spentosi il clamore della prima denuncia. Quello che il ‘supremo’ Hugo Chávez denunciò nel 2006, spettacolarmente rivelando, nel pieno della sua campagna presidenziale contro Manuel Rosales (vedi video), d’essere in possesso del fucile a cannocchiale col quale sicari già individuati si proponevano d’assassinare il rivale. Quello che, organizzato ai danni di Capriles, lo stesso Chávez (vedi video) teatralmente rivelò nel 2012. E quello – una molto poco fantasiosa replica – attraverso il quale, appena quattro mesi più tardi, Nicolás Maduro (vedi video) volle mostrarsi degno erede del padre appena scomparso…

Tante storie, tante frottole. Frottole d’ogni tipo. La più sconvolgente e surreale delle quali è quella che, nello scorso agosto, uno sdegnato Nicolás Maduro (vedi video) raccontò come sempre a “reti unificate”. Abbiamo le prove, schiaccianti prove fotografiche, disse, che Henrique Capriles, governatore dello Stato di Miranda e candidato presidenziale dell’opposizione, è ‘alla testa d’una rete di prostituzione gay minorile’. Rete, aggiunse l’apostolo non nascondendo l’oltraggio, che il Capriles organizza, non in un qualunque bordello, ma ‘all’interno degli stessi uffici del governo. La denuncia assicurò il neo presidente, verrà quanto prima presentata (corredata da tutte le prove, molte delle quali, precisò, per la loro lasciva crudezza non potranno esser esposte al pubblico) di fronte all’Assemblea Nazionale. Ed enfaticamente aggiunse: “nel mostrare quelle fotografie, voglio guardare in faccia, ad uno ad uno, tutti i deputati dell’opposizione…”. Una soddisfazione, quest’ultima, che l’adirato Maduro non si è in effetti mai tolto. Per la molto elementare ragione che, lui, quelle prove non si è mai peritato di presentarle, né di fronte all’Assemblea Nazionale, né in nessun altro luogo. Quella rete di prostituzione minorile è semplicemente, con tutte le sue sconce fotografie, tacitamente e sconciamente finita, anch’essa, nel cimitero delle frottole.

La menzogna, si dirà, è notoriamente, parte della vita (quella politica in particolare). Ed è anche, altrettanto notoriamente, l’essenza d’ogni regime totalitario. Credo però sia lecito affermare che in nessun luogo come nel Venezuela di Chávez (che pure uno stato totalitario non è, o non è del tutto) si sono mai raccontate – nella sbrindellata versione della frottola – tante menzogne in modo tanto continuato e tanto sfacciato. Grazie a Chávez la frottola è diventata, in Venezuela, un metodo di governo, una quasi impercettibile, ‘normalissima’ e permanente parte del paesaggio.

Per qualcuno tutto questo è “di sinistra”. Mi permetto di dissentire….