Scienza

Sperimentazione animale e Ogm: per l’Italia in arrivo due multe dall’Ue

Qualche tempo fa avevo iniziato a parlare della sperimentazione animale, facendo una piccola introduzione. A questo proposito, poche settimane fa è stata ufficialmente aperta la procedura d’infrazione per non aver recepito la Direttiva Europea che ha l’obiettivo di migliorare e uniformare le regolamentazioni sull’utilizzo della sperimentazione animale. Doveva venir recepita dagli Stati membri tempo fa e, in effetti, così tutti han fatto. Tutti tranne l’Italia: per questo ci toccherà pagare centinaia di migliaia di euro al giorno. Vero che di multe ne prendiamo già parecchie, ma almeno questa la potevamo evitare?

La cosa buffa, o drammatica scegliete voi, è che c’è chi, come Michela Vittoria Brambilla, ha dichiarato pubblicamente che la colpa sarebbe della “lobby dei vivisettori”, quando i ricercatori è mesi che avvertivano dell’urgenza di recepire la normativa così com’era. Ancora più buffo perché era proprio lei a farsi vanto di aver bloccato tale Direttiva perché, a suo dire, ingiusta e inutile. E sempre lei si riteneva soddisfatta dei nuovi emendamenti proposti (già in straritardo sul recepimento) e  peraltro dannosi per la ricerca biomedica e perfino per le condizioni degli animali.

Siccome però ci piace prendere multe, che potremmo evitare con un po’ di attenzione e se la politica avesse un minimo di attenzione per i temi scientifici, eccone un’altra in arrivo.

Stavolta si tratta di OGM. Non entrerò ora nel dettaglio sui pro e i contro di ogni singolo Ogm, anche se una cosa la dico: siccome a distinguere un Ogm da altri organismi modificati in altro modo è semplicemente la tecnica utilizzata (e cioè l’ingegneria genetica), ogni Ogm andrebbe valutato caso per caso (anche se così non è).

Ma torniamo a noi.

Il motivo della multa è molto simile: mancato recepimento della Direttiva 2001/18/CE in materia di Ogm. Che cosa dice? Cito.

“La messa in coltura di organismi geneticamente modificati quali le varietà del mais MON 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell’articolo 20 del regolamento (CE) n. 1829/2003 […] e le medesime varietà sono state iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole” e “L’articolo 26 bis della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati […] non consente a uno Stato membro di opporsi in via generale alla messa in coltura sul suo territorio di tali organismi geneticamente modificati nelle more dell’adozione di misure di coesistenza dirette a evitare la presenza accidentale di organismi geneticamente modificati in altre colture”.

Questo testo esprime un concetto chiarissimo e importante: uno Stato non può vietare un Ogm autorizzato a livello europeo e tanto meno opporsi in linea generale a tutti gli Ogm. E che fine fa la clausola di salvaguardia? A differenza di quanto scritto e pubblicato in continuazione su giornali e televisioni da politici, giornalisti e presunti esperti, la “Clausola di salvaguardia” non significa vietare qualsiasi Ogm, finché non si hanno garanzie di protezione al 100% (livello di sicurezza irraggiungibile, ma ne parleremo un’altra volta).

Per appellarsi a tale clausola devono esserci dei dati scientifici solidi a supporto che mostrino effetti dannosi, che siano di rilievo (e specifici dell’Ogm in questione), sia a livello sanitario che ambientale.