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Referendum Svizzera: uomini e topi

Piccolo indovinello. Secondo voi chi ha tenuto questo discorso? 

“Devo dire che non sono, e non sono mai stato, favorevole a promuovere in alcun modo l’uguaglianza sociale e politica tra la razza bianca e quella nera […] devo aggiungere che non sono, e non sono mai stato, favorevole a concedere il voto ai neri o a fare di loro dei giurati, né ad abilitarli a ricoprire cariche pubbliche, o a permettere loro matrimoni con i bianchi; riaffermo che esiste una troppo spiccata differenza fisica tra la razza bianca e quella nera, e che questa diversità impedirà per sempre alle due razze di vivere insieme in termini di uguaglianza sociale e politica. E dal momento che non possono convivere in termini di uguaglianza, finché la convivenza sarà necessaria dovrà pur mantenersi un rapporto da superiore a inferiore e io, come ogni altra persona ragionevole, sono ovviamente a favore del ruolo dominante della razza bianca“.

Se volete saltate il resto e passate alla risposta in fondo.

Trovereste esagerato definire questo discorso “razzista”? Personalmente non trovo altri aggettivi.

La campagna anti immigrazione dell’Udc svizzero, che rappresenta i frontalieri come topi che rosicchiano il formaggio elvetico, cos’è se non razzista?

Hai voglia a trovare giustificazioni (“sì certo è una campagna forte… ma il messaggio era di insostenibilità dei flussi d’immigrazione…”). Il messaggio è: ci sono 45.000 topi di fogna che vengono qui a mangiare il nostro cibo.

Un popolo può lecitamente prendere le decisioni che più ritiene giuste (tra l’altro la consultazione popolare dovrà diventare legge ed è probabile che ne esca una legge fortemente modificata). 

Ma non si può impedire l’altrettanto lecito giudizio che i cittadini di altri Stati possono esprimere su una scelta del genere.
Come non ci si può indignare o stupire se l’Unione Europea decide di prendere provvedimenti nei confronti di chi non permette più la libera circolazione dei sui cittadini entro i suoi confini?

Magari, a distanza di anni, l’idea che avremo dell’esito di questo referendum sarà completamente cambiata. Forse, la troveremo nei libri di storia come “scelta generosa per evitare lo sfruttamento dei poveri frontalieri”. Il paragone con un “ratto” sarà considerato lusinghiero. O verrà presentato come tale.

Guardate quello che è successo all’autore del discorso citato all’inizio del blog.

Lo trovate (pagina 87) in un interessante saggio a cura di Franco Nencini dal titolo Storia del Ku Klux Klan (Odoya Edizioni). Era un discorso tenuto a metà dell’800 da un promettente uomo politico americano. Erano parole di un uomo che avrebbe – per convenienza – cambiato opinione.

Agli studenti americani, però, fanno mandare a memoria un altro discorso.  Questo: “Come non vorrei essere uno schiavo, così non vorrei essere un padrone. Questo esprime la mia idea di democrazia”.

Erano parole di quello che – ancora oggi – è considerato il più amato dei presidenti americani.

Il simbolo dell’antischiavismo: Abraham Lincoln.