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Sochi 2014, la sfida di Putin sulla copertura mediatica e la risposta dei social network

Il doodle olimpico di Google, ad esempio, riporta le effigi di atleti che praticano sport invernali che si stagliano sui colori dell'arcobaleno della bandiera Lgbt. Un'incona a cui la multinazionale di Mountain View aggiunge, sotto la barra di ricerca, il principio numero 4 della Carta olimpica

A poche ore dalla cerimonia inaugurale, il buongiorno all’Olimpiade invernale di Sochi 2014 arriva da Google, il cui doodle olimpico è inequivocabile: le effigi di atleti che praticano sport invernali si stagliano sui colori dell’arcobaleno della bandiera Lgbt. E fuor di metafora, la multinazionale di Mountain View sotto la barra di ricerca propone il principio numero 4 della Carta olimpica, che recita: “La pratica dello sport è un diritto dell’uomo. Ogni individuo deve avere la possibilità di praticare lo sport senza discriminazioni di alcun genere e nello spirito olimpico, che esige mutua comprensione, spirito di amicizia, solidarietà e fair-play“. Il tutto dopo che ieri nella riunione del Cio il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon aveva richiamato il principio numero 6, anch’esso contro le discriminazioni.

Perché se lo sport è la prosecuzione della politica con altri mezzi, e questi Giochi sono la prova di forza di Putin, è sul terreno mediatico che la battaglia sarà combattuta. Da parte sua Putin ha speso oltre 50 miliardi di dollari, a fronte di un budget di partenza di poco più di sei, per ospitare al meglio gli oltre 6mila atleti provenienti da 85 paesi diversi che si sfideranno in 98 eventi durante i diciassette giorni delle Olimpiadi. Oltre agli spettatori che giornalmente invaderanno il Parco Olimpico, che ne può contenere 75mila circa, ci saranno 25mila volontari al lavoro e 37mila appartenenti alle forze dell’ordine che vigileranno sulla sicurezza. Il vero banco di prova sarà però l’audience televisiva globale: stimata in oltre 3 miliardi di persone.

La parte del leone l’ha fatta il network americano NBC che ha investito 750 milioni per offrire oltre 530 ore di programmazione. In Italia invece i Giochi saranno appannaggio esclusivo di Sky, che ha pagato 155 milioni per i diritti delle Olimpiadi di Sochi 2014 e Rio 2016. La tv satellitare offrirà oltre 560 ore di programmazione sui canali mosaico dedicati all’evento, e di queste almeno 100 ore saranno visibili anche in chiaro sul canale 26 del digitale terrestre Cielo, a partire dalla cerimonia di apertura. Tagliata fuori completamente la Rai, nell’anno delle celebrazioni del suo sessantesimo anniversario non ha trovato nel suo budget i circa 20 milioni che Sky chiedeva per cederle i suoi diritti in chiaro.

E se pochi giorni fa sulla Gazzetta (oggi non in edicola per lo sciopero dei giornalisti) il vice dg Rai Antonio Marano si vantava che sulla tv di stato saranno trasmesse le Paralimpiadi, piccata è arrivata il giorno dopo sullo stesso quotidiano la risposta del presidente del Coni Giovanni Malagò, che ha ricordato che “i diritti tv per le Paralimpiadi sono gratis, e non costano un euro”. Polemiche strapaesane a parte, tutto lascia pensare che la battaglia politica intorno a Sochi si stia giocando proprio a livello mediatico, a partire dal morettiano “mi si nota di più se vengo o se non vengo” alla cerimonia d’apertura dei vari capi di stato e di governo.

E anche i social network fanno la loro parte. Se l’hashtag ufficiale per seguire lo svolgimento dei giochi è #Sochi2014, quello per conoscere le forme di protesta degli attivisti che promuovono il boicottaggio è #NoSochi2014. Poi c’è la curiosa guerriglia mediatica dei giornalisti occidentali inviati nell’ex resort balneare del Politburo sulle sponde del Mar Nero. Con l’hashtag #SochiProblems non si occupano però né dello sfruttamento della manodopera per la costruzione delle infrastrutture né delle rivendicazioni degli indigeni Circassi, per dire. Si tratta invece i tutta una serie di lamentele per camere d’albergo poco confortevoli, acqua sporca dai rubinetti, pasti non altezza. Per non parlare poi delle fotografie scattate coi cellulari dagli stessi giornalisti che stanno spopolando in questi giorni sui social network: si va dai bagni con doppio gabinetto, a quelli montati al contrario, a quelli posti davanti a comode poltroncine come si fosse in sala d’attesa. Se di guerriglia mediatica si tratta, parafrasando Marx verrebbe da dire: “Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”.

Twitter: @ellepuntopi