Musica

Cantautori: il ciclone Piji swinga l’Italia

PijiVenghino signori venghino!

Continuano i consigli per gli ascolti di questo blog, per scovare quei cantautori che sua maestà Televisione ci tiene ben nascosti, congelati “tra l’aorta e l’intenzione” del tubo catodico (oggi, fra l’altro, sempre più raro).

Classe 1978, Piji è un cantautore romano che ha vinto tutti i più prestigiosi concorsi d’Italia. Più volte invitato al Premio Tenco e negli eventi collaterali organizzati dal Club Tenco, la sua musica è caratterizzata da un uso irrinunciabile dei ritmi swing, delle atmosfere jazz e da una cura dei testi, mai banali.

Piji viene da Gaber, da Sergio Caputo; soprattutto, è un artista strutturato e che padroneggia l’oggetto canzone e non lascia mai niente al caso.

Piji viene da Piji, perché poi chi sa muoversi all’interno delle proprie passioni musicali e conosce bene il mezzo artistico è inevitabilmente se stesso, unico nello stile e nelle canzoni che scrive; è inevitabilmente d’autore.

Il principale talento di Piji è quello di capire le potenzialità della canzone, che può essere arte altissima ma sempre orizzontale. Anche nei brani più movimentati o coinvolgenti, non perde occasione per inserire parole valide, costruzioni di senso che si basano sulla metafora e l’ironia. Vediamolo qui ospite nell’‘edicola di Fiorello.

Nella riproposizione della canzone C’è chi dice no di Vasco e, soprattutto, nella sua Welcome to Italy (qui la “versione studio” ufficiale), Piji sfrutta nella forma il coinvolgimento che dà lo stile manouche e l’incedere swingato, e nel contenuto propone messaggi “impegnati” o, meglio, per niente superficiali.

"Welcome to Italy" di Piji secondo Graziano Fabrizi

Forma coinvolgente per un contenuto importante.

Prendiamo il passo famosissimo della conta italiana Ponte ponente ponte pì – la filastrocca nonsensica che tutti conosciamo – o della “zozza società”: sono forme coinvolgenti, che sfruttano la valenza iconica di qualcosa immediatamente riconoscibile. Inserire questa valenza in canzone in questo modo vuol dire tradurla in popular music, per parlare degli sperperi di denaro pubblico per le Grandi Opere, come emblema di derisione politica. È un elemento – quello iconico – che l’orecchio intuisce solamente, ma che funziona alla perfezione (e infatti, anche nell’edicola di Fiorello, lì parte l’applauso). È un po’ il meccanismo della pop art di Warhol, lineamenti immediatamente compresi e decontestualizzati o riutilizzati cromaticamente: per significare altro rispetto a ciò che significa la loro forma originaria; per sfruttarne il riconoscimento.

Con la canzone funziona così, non è valutabile solo per la genialità della sua forma squisitamente musicale, ma anche per la capacità di amalgamarsi e di rapportarsi dialetticamente con gli elementi della comunicazione, con aspetti prettamente sociali, col mondo della comunicazione di massa. In altre parole: con l’universo dei simboli e – oggi sempre di più – con le sciagure che ci circondano.

E allora ecco il brano che parla di un imbonitore, di un venditore italiota di pacchetti vacanze. Vende catastrofi e relitti, il centro storico de L’Aquila e la nave Concordia.

Non credo sia un caso che la conta Ponte ponente ponte pì pare derivi da una comptine francese in cui “una venditrice di mele a Parigi espone la sua mercanzia, vende mele renette e mele appie, nella varietà rossa e grigia. Poi la venditrice si rivolge ad un presunto ladro e gli impone di nascondere il pugno dietro la schiena” (Paolo Canettieri, La fonte francese della conta “Ponte ponente ponte pì”). Anche qui c’è qualcuno che vende, si espone una mercanzia, ci sono i furfantelli; solo che in Welcome to Italy, in versione coerentemente italiota, i furfantelli e il venditore diventano coincidenti. Diavolo d’un Piji.

Madama pioggia di Piji secondo Graziano Fabrizi

Per finire, una canzone di diverso tenore. Un brano swingato lento, di atmosfera tra il malinconico e il felpato, con spazzole e fiati a fare da interlocutori meteorologici, come un po’ tutto l’arrangiamento.

Un momento di lieve tristezza agostana; un breve temporale fuori stagione grazie al quale fare due conti, carpendo il momento. La canzone si chiama Madama pioggia, e la pioggia viene vista come una donna fatale, altera. È un brano che fa un po’ da contraltare a L’illogica allegria di Giorgio Gaber e, anzi, si intavola a chiasmo con essa.