Cronaca

Trenitalia, tre Regioni non rinnoveranno il contratto di servizio. “Troppi disagi”

Toscana, Abruzzo e Veneto hanno deciso di indire nuove gare di appalto per il trasporto regionale. I dubbi dei sindacati di base: "Può trasformarsi in un danno per utenti e lavoratori". Ferrovie dello Stato non commenta la decisione: "E' nelle loro facoltà"

Tre Regioni dicono addio a Trenitalia. Abruzzo, Toscana e Veneto non rinnoveranno il contratto con la società per i servizi regionali di trasporto ferroviario. La decisione è arrivata in simultanea, poco prima di Natale. I motivi sono unanimi: troppi disagi, ritardi, sporcizia e sovraffollamento sui treni utilizzati da 2,8 milioni di cittadini (in tutto il Paese) per percorrere pochi chilometri, trasferte talvolta trasformate in odissee. Trenitalia non commenta la decisione. Del resto, fanno sapere “quella dell’affidamento per gara è una facoltà che le Regioni hanno da oltre 10 anni. La prima ad avvalersene è stata il Veneto, nel 2003. Sul tema del trasporto regionale, da tecnici, abbiamo idee e proposte che condivideremo agli inizi di marzo, e pubblicamente, con tutti gli stakeholder”. Ma la scelta – che sembra sostenere i pendolari – non convince i sindacati di base: “Il rischio è che una decisione di rivalsa nei confronti di Trenitalia, si traduca in una riduzione dei posti di lavoro, tariffe più alte per gli utenti e ulteriori tagli ai costi della sicurezza“, avverte Nicola De Pasquale dell’Unione dei sindacati di base. Non è detto poi che nuove gare significhino nuovi fornitori, vista la sostanziale mancanza di concorrenza. E allora perché mollare Trenitalia? Probabilmente per “costringerla” ad offrire servizi migliori a prezzi più bassi.

LO SCONTRO ROSSI-MORETTI E LA ROTTURA – La prima delle tre regioni a salutare il divorzio con Trenitalia è stata la Toscana. Il presidente Enrico Rossi lo scorso 4 dicembre, di buon mattino, si è calato nei panni di un pendolare e ha viaggiato a bordo del regionale che collega Montevarchi (Arezzo) a Firenze, per controllare le reali condizioni in cui versano i convogli. Un viaggio che non è piaciuto al governatore nonostante la puntualità svizzera con cui il treno (sovraffollato) è giunto a destinazione, che ha lasciato sbigottiti gli abituali viaggiatori e ha agitato le fantasie dei più maligni. Il 12 dicembre Rossi ha preso carta e penna e ha scritto all’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti: “O Trenitalia cambia o noi cambiamo Trenitalia”. Promessa mantenuta il 23 dicembre con una delibera di Giunta: “Abbiamo deciso di esercitare il diritto a non rinnovare per altri sei anni il contratto con la società. Procederemo a una nuova gara d’appalto”. Il contratto terminerà a fine del 2014 ma sarà valido per tutto l’anno e, alla scadenza, la Regione non rinnoverà automaticamente la convenzione. Ma intanto Rossi promette di mantenere il fiato sul collo di Moretti: “Continueremo a viaggiare sui treni regionali per verificare lo stato del servizio. Intanto chiederemo al governo, al Parlamento e all’Authority dei trasporti di mettere in condizioni le Regioni di fare gare appetibili, competitive e partecipate”. Lo strappo, nel caso in cui Trenitalia non si aggiudicasse la gara, costerebbe alla società, 250 milioni di euro in meno all’anno. E’ questa la cifra che la Toscana destina ogni anno al trasporto ferroviario regionale, a cui si devono aggiungerne altri 250 per il trasporto su gomma.

Ma quella tra Rossi e Moretti è una separazione annunciata. Un rapporto turbolento il loro, disseminato da continui battibecchi e frecciatine (leggi). A inizio dello scorso dicembre l’ad di Ferrovie aveva punzecchiato i governatori: “Spesso i pendolari si rivolgono a noi ma sbagliano indirizzo – aveva affermato Moretti – perché bisogna rivolgersi a chi fa i programmi di trasporto, cioè le Regioni”. Il governatore rispose seccamente: “Moretti pensi a far arrivare i treni in orario”, per poi lasciar presagire la rottura: “Quando si è mai visto il fornitore di un servizio polemizzare con il cliente, rivoltarsi contro il committente? Accade solo in presenza di un sistema monopolistico che lo garantisce. Ed è appunto questo ciò che chiediamo allo Stato centrale di rimuovere”. Perché, anche se nel 2009 è stata avviata la liberalizzazione dei servizi (le Regioni non hanno più l’obbligo di rivolgersi solo a Trenitalia), il sistema rimane praticamente privo di concorrenza.

IN ABRUZZO “TROPPE CRITICITA'” – La scelta della Toscana è arrivata in concomitanza con quella dalla Regione Abruzzo. Il 23 dicembre è stata formalizzata con delibera di giunta la cessazione del contratto prevista a fine 2014. Oltre a questo rapporto, l’Abruzzo interrompe anche quello con l’azienda di trasporto ferroviario regionale Sangritana. E anche qui la cessazione del rapporto si traduce in una potenziale perdita per Trenitalia. Nel 2012 l’Abruzzo ha speso 43,5 milioni di euro per circa 4 milioni di chilometri di servizi di trasporto ferroviario. Cifra che va sommata ai 906mila euro per coprire i quasi 410mila chilometri di servizi sostitutivi effettuato con i bus. Per garantire il trasporto regionale Trenitalia impiega 145 treni al giorno per assicurare il servizio a quasi 17mila utenti (10mila abbonati). “L’accordo che esiste ormai da un lustro – si legge nella relazione tecnica che annuncia la fine del contratto – ha tuttavia conosciuto momenti di criticità perché, nonostante gli sforzi compiuti, non sempre i sistemi organizzativi e le politiche di trasporto delle due aziende si sono trovate in sintonia”. Più duro il bilancio dell’assessore regionale ai Trasporti Giandonato Morra: “Spesse volte, in virtù di questa esclusività e in spregio a qualsiasi richiamo istituzionale, (Trenitalia, ndr) la fa da padrone con continui disservizi sulle linee dei pendolari. Ho fatto quanto, in ultima analisi, – conclude – era in mio potere di fare”. L’obiettivo è stipulare un accordo con un unico gestore che “costituirebbe un vantaggio e una positività del sistema nel suo complesso”.

ZAIA: “REGIONALI DEVONO ESSERE COME I TRENI GIAPPONESI” – A chiudere il cerchio il Veneto. Il 30 dicembre la Giunta Regionale ha deciso di disdire il contratto e il presidente leghista Luca Zaia ha confermato la scelta in una lettera indirizzata a Ferrovie dello Stato. Il sogno del governatore del Carroccio è “che il servizio in futuro sia gestito da una bella società veneta che dia risposte ai cittadini. Perché veneta? Perché il cane di troppi padroni muore di fame…”. Per il governatore le linee regionali dovrebbero “assomigliare alle ferrovie giapponesi dove un minuto di ritardo significa aver fallito l’obiettivo”. Il motivo della rottura è l’impossibilità di conciliare il progetto che l’ente ha in mente con le effettive garanzie offerte da Trenitalia. Per i 100mila utenti che ogni giorno usufruiscono del servizio, Zaia vorrebbe “una metropolitana di superficie” che “presuppone puntualità, capacità, cioè numero di vagoni, comfort e ospitalità: tutte cose che non può garantire la Regione, ma deve farlo il gestore, pagato con i soldi dei veneti per risolvere i problemi”. La locomotiva del Nord-est nel 2013 ha speso 140 milioni per il trasporto ferroviario regionale, e 256 per quello su gomma.     

I DUBBI DEI SINDACATI DI BASE – Ma tentare di affidare il servizio ad altre società, è veramente l’asso vincente per migliorare il trasporto pendolare? Secondo alcune organizzazioni dei ferrovieri no. Nicola De Pasquale, sindacalista e capotreno a Bologna, precisa: “All’origine dei disservizi ci sono scelte politiche poco lungimiranti, scarsi investimenti per migliorare il trasporto locale e la diminuzione dei servizi a discapito dell’Alta velocità“. Un quadro confermato da numeri. Il rapporto di Legambiente “Pendolaria 2013” denuncia “una diminuzione delle risorse nazionali stanziate nell’ultimo triennio (2010-2012) pari a -22% rispetto al triennio precedente”. “Dal 2009 ad oggi, – continua Legambiente – mentre i passeggeri aumentavano del 17% le risorse statali per il trasporto regionale su gomma e ferro si sono ridotte del 25%”. In 13 Regioni, poi, tra il 2011 e il 2012 c’è stato una sforbiciata di treni e corse in media del 5% ogni anno, che ha raggiunto punte del 15% in Puglia, tutto questo mentre il governo ha fatto uno sconto del 15% sul canone per l’uso dell’infrastruttura per l’Alta Velocità a Trenitalia e Ntv (leggi). Ma Trenitalia replica: “Sono le regioni a finanziare il servizio, noi non abbiamo competenze dirette. – precisa il direttore del trasporto regionale Francesco Cioffi all’Espresso – Se Trenitalia nell’Alta velocità ha carta bianca, nel regionale è soltanto il gestore. Noi, in ogni caso stiamo investendo 3 miliardi per nuovi convogli”.

Anche la Regione Emilia Romagna, nonostante sia vincolata per altri tre anni a Trenitalia, ha fatto sapere che tenterà di smarcarsi dalla società. Sono già state avviate trattative per la preparazione del bando che regolerà la gara di appalto. Ed è qui che emergono i timori maggiori per i lavoratori: “La clausola sociale è in fase di definizione – dichiara De Pasquale – e quindi manca il documento ufficiale”. “Ma la nostra paura – continua il sindacalista – è che serva unicamente a far transitare i lavoratori nella eventuale nuova società vincitrice della gara. Senza che questa sia sottoposta a nessun vincolo”. Il rischio è che i nuovi fornitori, per aggiudicarsi gli appalti, propongano prezzi concorrenziali a discapito dei lavoratori. Una prospettiva che l’assessore regionale ai Trasporti della Toscana, Vincenzo Ceccarelli, esclude: “Non prevedo scenari apocalittici quando uno cerca di cambiare lo fa per migliorare le cose, non per peggiorarle”.