Società

L’utopia fa male (a chi ce l’ha)

Alcune cose ci hanno fatto male più di altre. La prima, in cima al mucchio, è l’utopia. Secondo una nota definizione: “L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare”. Eduardo Galeano. L’ipotesi di camminare per raggiungere veramente qualcosa, che non fugge via come un miraggio, in effetti, è così volgare…

Noi abbiamo anche una versione particolarmente vicina e nostrana sul tema: L’isola che non c’è”, canzone cult di Edoardo Bennato. “Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino…” La ricordate tutti. Se ti sembra strana un’isola che non c’è, è per via della ragione, quel difetto orrendo, che “ti ha un po’ preso la mano”. Non farci caso. Chi è saggio e maturo (detto in tono dispregiativo) sa che è una pazzia, una favola, solo una fantasia, che non può esistere nella realtà. Ma c’è una speranza: “se ci credi ti basta perché poi la strada la trovi da te”. Meraviglioso. L’isola sempre non c’è, anzi, mai come ora non esiste, ma se tu ci credi, se non ti fai fuorviare dai saggi e maturi, trovi la strada e ci arrivi. Evvai!

Un’intera fetta della nostra cultura è impappettata di utopia, che è una cosa abbastanza facile da definire: l’utopia è la cosa perfetta, la migliore di tutte, quella che proprio di meglio non ce n’è, e buona per tutti, anche, dunque talmente buona che andrebbe bene a chiunque, sarebbe il massimo… Ha una sola caratteristica: non si può fare. Sarebbe lungo da spiegare perché, ma insomma, non si può. Però è una gran figata pensarci. Parlarne poi, ammanta di un alone speciale, poetico, ammaliatore. Un uomo, ad esempio, trae dal parlarne o dallo scriverne un immenso vantaggio. Le donne lo guardano, pensano “che animo nobile, incorrotto, che conserva un certo grado di ingenuità. A lui non interessa che sia irrealizzabile, lui si ispira lo stesso all’utopia…”. Oh, signur…

L’altra caratteristica è che chi persegue l’utopia si sente migliore: “E ti prendono in giro se continui a cercarla, ma non darti per vinto, perché chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te”. Cioè il pazzo non sei tu che cerchi una cosa che non c’è, per tutta la vita, ma gli altri che sorridono. Molto bene.

A noi, che siamo pure una stirpe di antichi marinai, i più antichi del mondo in attività, l’idea di inseguire un’isola che non c’è, ha sempre fatto impazzire. E i risultati si vedono. Delle isole bellissime che ci sono, neppure una parola. Le massacriamo, le ignoriamo. Si rischia di vendere Budelli (poi salvata sul filo di lana) a un qualche magnate di turno? Poca attenzione e una mobilitazione scarsa che ha visto divisi pure gli ambientalisti. “Vuoi mettere Budelli con l’isola che non c’è!?”. Francamente, sì. Ma fuori dalla metafora insulare, la faccenda è anche peggiore: siamo diventati un esercito di ragionieri, che non vedono oltre la ricevuta fiscale, zero slancio ideale, zero avventura, oppure minoranze di utopisti, che si sciacquano la bocca col niente e ti dicono che è Barolo. Salvo poi non fare una mazza per tutta la vita. Il bello dell’isola che non c’è, in effetti, è che nessuno è colpevole di non esserci riuscito ad arrivare, proprio perché non c’è. Dunque assolve tutti l’utopia, è meravigliosa e amata indiscriminatamente proprio per questo. La roba in cui puoi fallire non piace mai a chi pensa di fallire.

Il sogno, invece, non ha mai avuto buona stampa, da noi. L’isola bella, quella vera, che c’è eccome, che è dura arrivarci, ma che se ci arrivi è una gran cosa… Ecco, il sogno, diversissimo dall’utopia, che forse non sarà la cosa più bella del mondo ma almeno esiste. Ci si può provare ad andare. Sarà dura, ma forse, con impegno… Credendoci… Non mollando… Meglio una bugia perfetta o una discreta verità? Mi viene in mente quel mio amico che aveva una fidanzata bellissima, che viveva in città. Era splendida, ma non l’abbiamo mai vista.

Viva le donne concrete, che quando un uomo si mette a parlare di isole che non ci sono, si alzano e se ne vanno a gran velocità. No, perché, si da il caso che al mondo ci sia anche un bel po’ di gente, poveri cristi, che invece ci vogliono andare sul serio sull’isola, ma veramente, un’isola che non sarà perfetta come quella, ma ha una caratteristica che chiude il discorso (per la gente sana): c’è.