Politica

Grillo, Renzi e i buoni propositi per l’anno nuovo

Dialogare, costruire, abbassare i toni. Il nuovo anno comincia come sempre con buoni propositi. Renzi lancia le sue proposte, presenta le sue offerte ai potenziali clienti del M5S (o prospect, per usare il gergo cool dei renziani) come l’imbonitore di una televendita di brillocchi prova a rifilare le sue patacche ai telespettatori di un’emittente locale qualunque. “Andate a vedere le sue carte, scoprite il suo bluff” suggeriscono molte delle poche persone che stimo, rispetto e cerco di emulare.

Ma dov’era Renzi nel 2007 quando Grillo e i suoi “amici” raccolsero 330mila firme per espellere i pregiudicati dal Parlamento e modificare il porcellum?

Ve lo dico io: era presidente della provincia di Firenze, una di quelle che ora invece vuole abolire. Era segretario provinciale della Margherita di Rutelli che proprio in quell’anno stava per dar vita, con i DS, al Partito Democratico. La stessa Margherita che 5 anni più tardi fu travolta dallo scandalo dei soldi pubblici sottratti dal suo stesso tesoriere alle casse del suo stesso partito. Gli stessi soldi che lo stesso Lusi dichiarò essere andati agli stessi Letta, Rutelli, Bindi, Fioroni e perfino… allo stesso Renzi!

E quale fu la risposta dei vertici del neonato Partito Democratico ai 330mila cittadini democratici che democraticamente chiedevano con una firma ai propri rappresentanti di mandare via i delinquenti dal Parlamento e di rivedere l’incostituzionale porcellum?
La replica arrivò da Fassino 2 anni più tardi: “Se Grillo vuol fare politica fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende”. Lo stesso Fassino, sì, quello dell’“abbiamo una banca”…

Bene, è passato un lustro da allora e nel frattempo Grillo ha fondato un partito, o meglio un movimento politico, lo ha presentato alla elezioni e ha preso il 25% dei voti. Più di 150 “amici di Beppe Grillo” ora siedono sugli scranni di palazzo Madama e di Montecitorio e lavorano gomito a gomito con gli stessi politici, gli stessi lobbisti, gli stessi masnadieri (dallo spagnolo “mas nada” perché, quando se ne saranno andati, non ci sarà rimasto più niente).

I parlamentari del M5S non sono persone che quando da piccoli gli chiedevano “cosa farai da grande” rispondevano “i politici”. Sono persone che vorrebbero vivere in un paese che gli permetta di realizzarsi, di affermarsi nel proprio lavoro, di coltivare le proprie passioni, di avverare i propri sogni rimasti per troppo tempo nel cassetto. E’ gente che ha dovuto rinunciare a tutto questo perché non se la sentiva di stare lì a guardare, di consegnare ai propri figli l’Italia della “criminocrazia”, quella in cui più sei corrotto e più successo hai nella vita.

Per la stragrande maggioranza di loro andare a Roma è stato un grande sacrificio, hanno dovuto mettersi in aspettativa, lasciare il lavoro, la casa, la famiglia, gli amici. Si sono tagliati diaria e stipendio, viaggiano con i mezzi pubblici in seconda classe e lavorano giorno e notte per mettere i bastoni tra le ruote a questi truffatori secolari. Lo hanno fatto per mandarli a casa e poter cominciare a ricostruire l’Italia.

Il sistema è completamente marcio e irrimediabilmente compromesso. In informatica, quando un computer è stato infettato da un virus, non vale la pena di perdere tempo a cercare di capire dov’è il problema: si salvano i dati, si cancella tutto e si ripristinano le impostazioni di fabbrica. Questi due sono i principi cardine del pensiero pentastellato: formattare e reinstallare il sistema.

Gli interlocutori attuali hanno già ampiamente dimostrato di essere audiolesi: solo quando se ne saranno andati si potrà ricominciare a ragionare, discutere, dialogare.