Diritti

Turchia, Natale al Tribunale speciale con gli avvocati arrestati

Il titolo di questo blog non inganni. Non si tratta di un cinepanettone. Ma di una missione che sto svolgendo durante queste festività natalizie per portare, insieme a una ventina di giuristi dal resto d’Europa, la solidarietà militante agli avvocati imprigionati da quasi un anno solo per aver svolto con entusiasmo il proprio lavoro, assistendo disoccupati, occupanti di case, studenti, giovani, manifestanti di Gezi Park, kurdi, kemalisti e appartenenti alla sinistra, tutta la vasta serie di soggetti in lotta contro il regime di Erdogan.

Questa, purtroppo, ancora oggi è la Turchia. Un Paese nel quale negli ultimi anni, a un indubbio sviluppo economico e a una certa modernizzazione sociale e culturale non si sono accompagnati progressi effettivi nel campo delle libertà democratiche e dello Stato di diritto, nonostante qualche mutamento di natura esclusivamente superficiale e cosmetica. Uno di tali mutamenti ha riguardato la finta soppressione del Tribunale per la sicurezza dello Stato, che era stata richiesta dal Consiglio d’Europa e che è stato trasformato in Tribunale speciale. Proprio quello di fronte al quale sono comparsi lunedi mattina e nei giorni successivi i nostri colleghi dell’Associazione dei giuristi progressisti.

L’Associazione dei giuristi democratici ha emesso qualche tempo fa il seguente comunicato: “L’Associazione italiana dei Giuristi Democratici denuncia il carattere liberticida del processo instaurato contro gli avvocati turchi, colpevoli solo di svolgere con scrupolo e passione il proprio lavoro di difesa legale. E’ del tutto evidente che non si potrà parlare di un vero e proprio Stato di diritto in Turchia, finché non verrà garantito il diritto alla difesa secondo standard internazionalmente accettabili”.

E’ d’altro canto del tutto evidente come la vera e propria persecuzione messa in piedi dal governo di Erdogan contro gli avvocati, specie quelli democratici, cozzi in modo violento contro tali standard. Sono decine gli avvocati messi sotto accusa con la pretestuosa accusa di aver violato le leggi antiterrorismo. Fra di essi il presidente del Foro di Istanbul, uno dei più grandi del mondo e il presidente dell’Associazione dei Giuristi Progressisti, Selçuk Kozaðaçlý , che, arrestato con altri avvocati membri di tale associazione il 18 gennaio scorso si trova tuttora in carcere insieme a Taylan Tanay (responsabile della sezione di Istanbul ), Güçlü Sevimli (segretario della sezione di Istanbul), Günay Dað (membro dell’esecutivo della sezione di Istanbul), Ebru Timtik, Barkýn Timtik, Naciye Demir, Þükriye Erden (membri della sezione di Istanbul) e Betül Vangölü Kozaðaçlý (membro dell’esecutivo della sezione di Ankara). L’arresto dei membri dell’associazione dei giuristi progressisti turchi ha fatto seguito a quello, avvenuto nel novembre 2011, di 46 avvocati kurdi.
Fra i casi menzionati nel comunicato uno dei più clamorosi è quello del presidente dell’Associazione dei giuristi progressisti Selçuk Kozaðaçlý , arrestato all’aeroporto di Ankara mentre rientrava dalla Siria dove aveva tenuto una conferenza-stampa per denunciare il ruolo del governo turco nel sostegno alla guerra civile siriana.
Nel riaffermare la propria solidarietà ai colleghi turchi ingiustamente accusati e detenuti, l’Associazione italiana dei Giuristi Democratici ribadisce il proprio impegno alla difesa dello Stato di diritto e dei diritti umani a livello europeo e internazionale”.

Lunedi’ sera, qui ad Istanbul oltre tremila avvocati in toga hanno sfilato chiedendo la liberazione dei colleghi detenuti. Il processo e’ iniziato martedì con la lettura della requisitoria che, scritta ricopiando un rapporto di polizia, a sua volta esercizio di fantasia, che cita come prove di appartenenza ad organizzazioni eversive attività assolutamente innocue e lecite, vorrebbe dimostrare l’esistenza di un vasto disegno terrorista dı cui gli imputati sarebbero promotori. Ma si tratta più di un’opera di (auto)satira che di un documento serio. Sussiste però il pericolo che i giudici seguano le indicazioni del governo e condannino gli avvocati.

Quello che le autorità turche, al pari di quelle di altri Paesi, temono, è la saldatura fra lotte sociali e cultura giuridica democratica, che costituisce il migliore antidoto ad ogni terrorismo. Fondamentale in questa come altre situazioni appare la lotta per l’indipendenza della magistratura, presupposto indispensabile dello Stato di diritto. Ragioni pıù specificamente turche della persecuzione degli avvocati democratici derivano poi dal loro impegno per denunciare autori di omicidi e torture, pratiche poliziesche ancora abbastanza dıffuse nel Paese. C’è inoltre il ricorso allo strumento repressivo, che conta in Turchia una tradizione millenaria risalente agli Ottomani e a prima ancora, come tentativo di dare respiro al regime dell’AKP e dı Erdoğan, oggi in difficoltà per il calo di popolarità dovuto all’emergere di trame di corruzione e per l’intensificarsi del malcontento popolare e democratico contro la sua gestione autoritaria e l’intensificarsi di atteggiamenti integralisti in netto contrasto con la vocazione laica di gran parte del popolo turco.