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Birindelli: “La punizione non mi interessa, ma è un’occasione persa per il calcio”

L'allenatore degli esordienti del Pisa al fattoquotidiano.it: "Si sono dati la zappa sui piedi due volte, visto che il nostro campionato si chiama Fair Play, che significa il rispetto delle regole. Noi comunichiamo questi valori ogni domenica con striscioni e varie iniziative. Poi, quando uno agisce in questo senso, si torna a un regolamento che penalizza chi ha il coraggio di intervenire"

Tutti lo ricordano sulla fascia della Signora. Tre scudetti e dieci anni con la Juve, sei presenze in nazionale, poi la carriera da allenatore. Prima vice ct dello Zambia, qualche mese a Pistoia, infine il ruolo di secondo alla Steaua Bucarest. L’estate scorsa arriva la chiamata del Pisa: gli offrono la guida del settore giovanile e la panchina degli esordienti. Alessandro Birindelli accetta e si mette al lavoro. Il suo obiettivo è quello di insegnare ai ragazzi i valori dello sport e del rispetto reciproco. Sabato scorso è successo quello che non avrebbe mai voluto vedere: i genitori dei suoi ragazzi hanno litigato sugli spalti. Lui è intervenuto e ha ritirato la squadra. Applausi e lodi. Poi oggi la doccia fredda: la giustizia sportiva ha inflitto la partita persa e un punto di penalizzazione ai piccoli nerazzurri (si parla di ragazzi di 11 e 12 anni), più una multa simbolica alla società per le “intemperanze dei propri tifosi”.

Birindelli, che effetto fa?
Del punto, della sconfitta e della multa non mi interessa nulla. Non è l’obiettivo mio, della società e dei nostri collaboratori. All’età di questi ragazzi vincere le partite e badare ai risultati deve essere un aspetto secondario. Da parte nostra, dobbiamo educare i bimbi allo sport, alla disciplina, al rispetto alla condivisione. Questo è il nostro ruolo. Detto ciò, è chiaro che rimango male, perché quanto accaduto poteva dare alle istituzioni l’occasione per modificare il regolamento. Tra le altre cose, si sono dati la zappa sui piedi due volte, visto che il nostro campionato si chiama Fair Play, che significa il rispetto delle regole. Noi comunichiamo questi valori ogni domenica con striscioni e varie iniziative. Poi, quando uno agisce in questo senso, si torna a un regolamento che penalizza chi ha il coraggio di intervenire.

Cosa si sarebbe potuto fare?
Non voglio andare contro il giudice sportivo, ma ci poteva essere da parte di tutti una riflessione. Potevano aspettare un attimo e cercare di trovare una soluzione per cambiare lo stato delle cose. La mia speranza è che possa ancora avvenire. Io comunque continuerò ad andare avanti nella lotta per migliorare il sistema.

Quindi lo rifaresti?
Spero di non farlo più, perché vorrebbe dire che la cosa si è ripetuta. Ma se dovesse ripetersi non esiterei un minuto a rifare quanto ho fatto sabato scorso. Solo ed esclusivamewnte per il bene dei miei ragazzi, di cui sono il responsabile. Io amo il calcio, è l’unica cosa che ho fatto e so fare a livello professionale. E voglio migliorarlo perché siamo in stallo da diversi anni: quindi se si può intervenire bisogna farlo. E io nel mio piccolo l’ho fatto e continuerò a farlo.

Cosa dirai ai ragazzi ora?
Spero che non vengono a conoscenza di questa cosa. Cercherò di spiegarglielo. Spesso noi tutti crediamo che loro non possano capire determinate cose, e invece spesso e volentieri dobbiamo imparare da loro e prendere spunto dai loro atteggiamenti e dai loro modi di porsi. Con me sono responsabilizzati, sia in campo che fuori. E se sbagliano pazienza, perché per far bene bisogna imparare dagli errori. Dall’inizio dell’anno ragioniamo in questa maniera. Quanto accaduto non inficerà questa impostazione. A loro non frega nulla della punizione: sono stati abituati che il risultato non conta. Loro devono pensare a divertirsi e basta.

Ma se poi i genitori marciano in maniera contraria rispetto a quanto accade in settimana, i tuoi insegnamenti non rischiano di essere inutili?
I bimbi sono intelligenti. Un incidente può succedere a tutti, un errore lo possono far tutti. Il giorno dopo il fattaccio abbiamo fatto un pranzo per scambiarci gli auguri di natale con tutti i genitori, anche con chi aveva litigato sugli spalti. Noi siamo un gruppo, i genitori fanno parte di questo gruppo: serve a crescere i ragazzi. Avrei potuto sbagliare anche io: si ragiona, se ne parla e si cerca tutti insieme di non sbagliare più. E’ stato un confronto che è servito tantissimo a tutti. Siamo ripartiti il giorno dopo come se nulla fosse accaduto. Perché c’è chiarezza, ci sono obiettivi forti, c’è un programma. Un errore non può compromettere il progetto, altrimenti i danni sarebbero solo per i bambini. L’importante è che non capiti più una situazione del genere.

Ti senti un po’ abbandonato, solo, deluso dalla tua federazione?
No no. Sono convinto di quello che faccio e che la strada intrapresa sia quella giusta per l’educazione dei ragazzi. Io devo tutelare il mio lavoro e i miei ragazzi. Il resto non mi interessa.

Ti aspetti un passo indietro da parte della giustizia sportiva?
Non mi interessa. Per me era già tutto finito domenica dopo il confronto con i genitori e dopo lo scambio degli auguri di Natale. Tuttavia, credo che quanto accaduto avesse potuto fornire uno spunto a chi di dovere per sedersi a un tavolo, discutere e cercare di cambiare le cose che non vanno. Chissà, c’è ancora il tempo per farlo.

E’ un’occasione persa per il mondo del calcio?
E” una vicenda che deve far riflettere tutti, dalla federazione ai giocatori. Se vogliamo bene a questo sport, dobbiamo fermarci un attimo, non farci prendere dalla smania del risultato e della decisione veloce e a tutti i costi. In altri paesi si sono fermati e hanno programmato sui giovani, sul territorio, sul materiale umano. Noi, invece, sono sette otto anni che siamo fermi e vediamo ciò che accade senza far nulla, come una barca senza guida in mezzo all’oceano. E assistiamo impotenti agli eventi disastrosi che peggiorano il calcio italiano. E’ arrtivato il momento che qualcuno, al posto di litigare, faccia qualcosa per andare avanti e migliorare la situazione. Lo dobbiamo a questi ragazzini che amano il pallone, non le sue storture.