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Olanda, la difficile accoglienza di lavoratori rumeni e bulgari

A sentire molti politici olandesi, pare che il mancato appuntamento con la fine del mondo, programmato inizialmente per il 21/12/2012 – secondo l’interpretazione delle profezie Maya – sia stato solo posticipato di un anno e qualche giorno: state attenti cittadini europei, perché il I Gennaio 2014 si abbatterà sulla disastrata unione politica e monetaria del vecchio continente uno Tsunami senza precedenti, una disgrazia che farà collassare definitivamente i sistemi di welfare, spalancando (soprattutto) le porte delle ricche roccaforti del Nord ad un’orda di barbari provenienti dal sud-est dell’Impero, pronti a razziare benessere e prosperità. Già, i lavoratori romeni e bulgari, saranno ammessi, dopo sette anni di purgatorio, nel club senza frontiere del mercato unico europeo. Ma nei Paesi Bassi, ad attendere quelli che decideranno di esercitare uno dei diritti-pilastro dell’Unione Europea, la libertà di circolazione e di stabilimento, non sarà entusiasmo o al limite indifferenza. No, in Olanda si attende con ansia questa data, temendo che la già pessima congiuntura economica del paese possa essere peggiorata dall’arrivo di centinaia di migliaia di lavoratori poco qualificati che finiranno per far sprofondare del tutto il malandato welfare del paese. 

Insomma un vero e proprio quadro da apocalisse, quello tracciato negli ultimi mesi, da politici e stampa, nonostante la scorsa settimana, un voto schiacciante della Camera Bassa, abbia chiuso definitivamente la partita: con 114 sì e 32 no, l’Olanda si prepara a rimuovere l’ostacolo dei permessi di lavoro per cittadini bulgari e romeni. A dire il vero, non c’è stata alcuna partita: per la normativa europea, 7 anni è il periodo massimo consentito di adozione di limitazioni (temporanee) all’accesso al mercato europeo del lavoro per i cittadini neo-comunitari. Insomma, anche in caso di voto contrario, la Tweede Kamer olandese si sarebbe dovuta adeguare alle regole comuni europee. Nonostante 8 olandesi su 10, secondo un sondaggio commissionato dai socialisti dell’Sp, siano contrari alla rimozione dell’obbligo del permesso di soggiorno per i lavoratori di Romania e Bulgaria, dal I Gennaio il periodo transitorio giungerà a conclusione ma questa storia rischia di diventare combustibile per una prossima deflagrazione di neo-antieuropeismo nei Paesi Bassi. Basta guardare gli ultimi sondaggi che danno i partiti fieramente anti-europeisti, il Pvv di Wilders e la sinistra radicale dell’Sp, rispettivamente primo e secondo partito del paese con le formazioni che compongono la coalizione al governo, in caduta libera. 

Il ministro degli Affari Sociali, il laburista Asscher, è un fiero sostenitore della reintroduzione di limiti alla libera circolazione dei lavoratori anche se dimentica di spiegare ai cittadini olandesi, gli enormi vantaggi che un minuscolo stato di meno di 17 milioni ha tratto dal mercato unico. D’altronde in questa fase storica, concedere deroghe come quelle volute fortemente dal Regno Unito ed ora richieste anche dall’Olanda, vorrebbe dire mettere a rischio uno dei pilastri sui quali è stata costruita l’Unione e finirebbe per avvelenare ulteriormente un clima già reso pesante dalla crisi infinita.

Senza dimenticare un ragionamento fin troppo banale: l’ammissione di nuovi partner nell’Unione Europea è un atto politico e la procedura per l’ingresso dei due paesi, oltre ad aver richiesto ben 12 anni di ratifiche e negoziati, è stata vidimata da un voto unanime del club europeo. Sarebbe bastato un solo voto contrario, quello dei Paesi Bassi o del Regno Unito per esempio e i due stati dell’Europa Centrale, ormai legati nella loro euro-sorte, sarebbero rimasti alla porta. Ma i partner continentali, dissero si all’unanimità perché piazze “nuove” e tanto appetibili, facevano gola a tutti. Britannici ed olandesi inclusi. Che vorrebbero mantenere il privilegio di avere accesso a due tra gli ultimi mercati europei con manodopera “a poco”, a patto che quella manodopera se ne resti a casa propria.

E mentre l’asse Londra-L’Aia preferisce ignorare Bruxelles, intavolando discussioni nazionali sui lavoratori europei, alcune istituzioni locali si spingono ben oltre: la stampa olandese, ha dato notizia che i comuni di Rotterdam e l’Aia, vincoleranno il rilascio del Bsn nummer (il codice fiscale olandese, indispensabile per lavorare legalmente nei Paesi Bassi) per i cittadini comunitari, alla qualità degli alloggi dove questi hanno eletto la propria residenza. I motivi sarebbero nobili: garantire la sicurezza di lavoratori comunitari, spesso “stipati” in minuscoli e fatiscenti appartamenti. L’unico problema è che in Olanda senza un lavoro non si può affittare legalmente casa e senza casa non si potrà regolarizzare la propria posizione fiscale. Con il risultato di costringere all’illegalità i lavoratori meno qualificati e più vulnerabili, quelli che lasciano il proprio paese per trovare fortuna. I non benvenuti nei Paesi Bassi, insomma.

La misura deve essere sembrata talmente sproporzionata, e oggettivamente in violazione delle normative sulla libertà di soggiorno in Europa da aver costretto il governo a richiamare ufficialmente all’ordine i comuni ribelli, sottolineando che la misura non è implementabile.

I cittadini europei sono tutelati dai Trattati ma questi episodi rischiano di far montare un senso di risentimento nei confronti dei migranti europei che alla lunga potrebbe minare, dall’interno, le fondamenta dell’Unione.