Diritti

Disabilità: per il governo la parola magica è ‘razionalizzazione’

Chissà quante famiglie italiane con un parente disabile sono a conoscenza della esistenza, presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, dell’Osservatorio nazionale della disabilità. Chissà quanti sanno che 50, leggasi 50, componenti di suddetto osservatorio suggellati solennemente del presidente del Consiglio dei ministri, hanno anche preparato un corposo documento dal titolo: “Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’ integrazione delle persone con disabilità“.

Sin da studente ho imparato quanto fosse importante confrontare le proprie convinzioni o dubbi con gli esperti, nel caso dei membri dell’osservatorio ci troviamo al cospetto di rappresentanti di tutti i ministeri chiave, dei sindacati, di rappresentanti di associazioni di disabili, in una parola di fronte ad una montagna di donne ed uomini consapevoli e competenti. Potrete  immaginare la sorpresa di chi si accinge a leggere con attenzione le 56 pagine del piano di azione di cui sopra e scopre, pagina dopo pagina, di vivere in un Paese nel quale tutto si risolverà magicamente con la “razionalizzazione” delle spese.

Nelle linee di intervento di questo poderoso documento, rimpinzato di riferimenti legislativi e di dichiarazioni universali si svela che alla voce “sostenibilità economica” il saggio suggerimento dei saggi, scusate la ripetizione, è la razionalizzazione, la qualificazione e l’efficienza della spesa.

Basterà razionalizzare per avere uffici, scuole, città senza barriere architettoniche senza spendere un quattrino in più.
Basterà razionalizzare per avere insegnanti preparati e in numero sufficiente per gli oltre 230.000 alunni disabili italiani senza investire un euro.
Basterà razionalizzare ed invitare gli enti locali e le Asl a fare rete per fornire servizi sanitari adeguati ai bisogni dei disabili.

Ho cercato alacremente nelle pieghe del piano qualche piccolo riferimento al fatto che siamo un paese che ha negli ultimi anni scelto di non sostenere le politiche di welfare e che per questo bisognasse invertire la rotta con un massiccio programma di investimenti per le persone con disabilità.

Ho persino rilevato errori di sintassi, pensieri sospesi, contraddizioni palesi: come si potrebbe ottenere senza spendere soldi nella scuola che le classi con un alunno disabile grave siano formate al massimo da 20 alunni se questo rapporto per essere rispettato richiederebbe un aumento del numero di classi al contrario di quello che è avvenuto dalla Gelmini in poi?
Chi dovrà rifinanziare la legge 68/99 per restituire il diritto del lavoro tutelato ai disabili?
Come si pensa di garantire il diritto alle terapie domiciliari ed alla assistenza senza un euro in più?

Assediato dai dubbi ho sfogliato il primo quotidiano che avevo davanti, il titolo era: nel nuovo Isee varato dal governo Letta – Alfano c’è anche l’indennità di accompagnamento.  In altre parole, essere disabile “fa” reddito.

Adesso è tutto più chiaro, proverò a chiedere ai saggi dell’ osservatorio se lo sapevano.