Politica

Decadenza Berlusconi, Alfano: “In piazza il 27? Abbiamo fatto scelte diverse”

Il leader del Nuovo Centrodestra conferma il voto contrario alla espulsione del Cavaliere dal Parlamento, ma precisa: "Non partecipiamo alla manifestazione". Tuttavia sostiene il suo ex leader nella richiesta di grazia: "La meriterebbe"

La scissione di quello che fino a 10 giorni fa si chiamava Pdl non è una finzione, giura Angelino Alfano. La conferma, dice intervistato da Massimo Giletti all’Arena di Rai Uno, arriverà nei prossimi giorni. Innanzitutto il Nuovo Centrodestra – che ieri ha festeggiato l’inizio del nuovo percorso – non parteciperà alla manifestazione organizzata da Forza Italia in via del Plebiscito per il 27 novembre in contemporanea con la discussione e il voto sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi: “Non partecipiamo. Guardiamo al futuro e non siamo coinvolti” dice il vicepresidente del Consiglio. Eppure Alfano definisce la prossima espulsione del Cavaliere dal Parlamento “un’ingiustizia”. Anzi: “Un uomo con la carriera e la biografia di Silvio Berlusconi meriterebbe di non essere sottoposto ai servizi sociali e meriterebbe la grazia“, anche se non l’ha richiesta, in questo sostenendo dunque lo stesso leader di Forza Italia che ieri aveva lanciato un ultimo appello al Quirinale. Il vice di Letta ha precisato di non volersi addentrare nelle “procedure” che attengono al Colle. E che la separazione non è stato un artificio, secondo Alfano, si vedrà proprio dal 27 novembre quando Forza Italia passerà automaticamente all’opposizione: “E’ purtroppo tutto molto vero e lo dimostreranno i prossimi giorni quando con molta probabilità le strade si separeranno su un punto fondamentale sulla caduta del governo”. Per Alfano “da quello che leggo, dopo la decadenza di Berlusconi, Forza Italia si orienta su questa scelta. Su questo non abbiamo parlato con Berlusconi, sono scelte che non mi competono ma non sono le nostre”. Il Nuovo Centrodestra si mantiene però coerente nella partita per la decadenza di Berlusconi da senatore: “Penso che la decadenza sia una grande ingiustizia perché nasce dall’applicazione retroattiva di una norma penale. Perciò voteremo contro la decadenza del presidente Berlusconi”. 

Con Silvio Berlusconi “capita di sentirsi – racconta Alfano – Il rapporto personale e anche politico all’interno della coalizione prosegue, quello che ci ha diviso è il giudizio sulla tenuta del governo dopo la decadenza e anche la visione, con il prevalere di una linea estremista nel partito”. Il leader del Nuovo Centrodestra insiste: “E’ la linea che consideriamo sbagliata di fare cascare tutto e mettere gli interessi del Paese dopo l’egoismo di partito. C’è accanto a Berlusconi chi lo spinge in una direzione estrema“. E dunque la scissione. “In questi 20 anni – riflette Alfano – ho fatto sempre ciò in cui ho creduto e penso che tutti noi di Forza Italia non avessimo sbagliato la speranza, il programma e la persona nello scegliere Silvio Berlusconi come leader. Ho dovuto trovare dentro di me una grande forza e un grande coraggio per il bene dell’Italia. Ho patito ma dormendo con la buona coscienza di chi ha fatto la scelta giusta quando il Paese lo richiedeva”.

Alfano non esclude che l’Ncd si presenti alle europee (“Non poniamo limiti alle nostre ambizioni”), avverte il Pd che ora – senza Forza Italia – non ci saranno più giustificazioni per cominciare a lavorare a una riforma della giustizia e lancia un appello a Matteo Renzi, che oggi ha lanciato il suo rush finale verso il traguardo della segreteria del partito. 

“Se non ci siamo noi, cade il Governo e non credo che Renzi voglia fare solo una partita di potere – dice Alfano – Se facesse cadere il governo si comporterebbe come un vecchio politico che ha la bramosia di prendere palazzo Chigi facendo cadere un presidente del Consiglio del suo partito”. Un patto Alfano-Renzi, quindi, che valga per tutto il 2014, almeno e che sia fondato su 5 punti, propone il vicepremier: “Cambiare la legge elettorale e restituire ai cittadini il diritto di scegliere”, “togliere il meccanismo del bicameralismo perfetto perché due camere con gli stessi compiti costano il doppio”, “tagliare almeno 10 miliardi di euro di spesa pubblica improduttiva e darli per la diminuzione delle tasse, soprattutto quelle su lavoro”, “abbattere il debito pubblico”, “intervenire sul salario di produttività per detassare il lavoro che viene fatto per rendere più produttive le aziende”. Cinque punti sui quali peraltro Renzi – a giudicare dalle ultime prese di posizione – potrebbe anche essere d’accordo.