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Corriere della Sera, il doppio gioco di Banca Intesa nella vendita della sede

L'istituto presieduto da Giovanni Bazoli azionista e creditore di Rcs Mediagroup ha altri affari aperti con il fondo Usa che ha comprato l'immobile di via Solferino

Alla fine la cessione della sede storica del Corriere della Sera è andata in porto come nei piani di manager e azionisti di Rcs. E questo nonostante le proteste dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa che aveva chiesto al cda dell’editrice, per bocca del segretario Franco Siddi “di cambiare marcia e di fare una proposta all’Inpgi (l’istituto privato di previdenza di categoria, ndr) o alle casse previdenziali nel loro insieme”. A votare contro l’operazione che porterà nelle casse di Rcs 120 milioni di euro – meno della metà dei 250 milioni della valutazione di fine 2010 quando la cessione era alle prime battute – sono stati solo l’ex presidente Piergaetano Marchetti e il rappresentante degli eredi Rotelli, Attilio Guarneri.

E così la storia si ripete ancora una volta. L’immobile che ospita il Corriere della Sera, già passato di mano negli anni peggiori della gestione Romiti per essere ricomprato dall’editrice nel giro di pochi anni, andrà al fondo d’investimento americano Blackstone che sin da subito era apparso come l’interlocutore privilegiato del management di Rcs. Del resto si tratta di un operatore ben noto ai soci e ai creditori dell’editrice. Non solo perché il suo numero uno in Italia, Paolo Bottelli, è un ex manager di lungo corso di Prelios, la ex Pirelli Re di Marco Tronchetti Provera che era stata tra i protagonisti dell’ultima compravendita del mattone di Rcs. Blackstone è ben noto anche a Intesa e Unicredit che sono finanziatori del Fondo immbiliare Due in cui il gruppo americano ha investito anni fa rappresentando oggi l’ago della bilancia in una delicata situazione contabile.

Più nel dettaglio Blackstone è, al pari dei due istituti italiani, un creditore del Fondo il cui debito da 300 milioni è scaduto a febbraio. Tuttavia la sua esposizione è minore rispetto alle banche italiane perché la sua quota del debito (il 20% del totale) è stata acquistata a metà prezzo da Société Générale. Dettaglio, quest’ultimo, non da poco visto che con il debito scaduto, salvo accordo di ristrutturazione, ogni creditore può chiedere la liquidazione del fondo che a Blackstone converrebbe perché rientrerebbe dell’investimento. Non si può dire lo stesso per le banche italiane che sarebbero costrette a iscrivere in bilancio la perdita corrispondente al credito offerto al fondo quando la valutazione dei suoi immobili era di 300 milioni contro gli attuali 200 di mercato.

La vicenda è quanto mai complessa perché la liquidazione del Fondo Due, in cui ci sono immobili di pregio fra Milano e Roma, accenderebbe nuovamente i riflettori sulla società che lo gestisce, Prisma sgr e sui suoi soci. Fra questi la Jallerop Aps di Roberto Villa, finanziere emiliano noto alle cronache giudiziarie per il fallimento della Richard Ginori e del suo braccio destro, Alberto Carpani, oggi ad di Prisma e dal 2001 al 2010 ai vertici della svizzera Gdp sim, la finanziaria di Villa coinvolta nella seconda tranche di intermediazione di Alexandria, il derivato segreto di Mps al centro delle indagini della Procura di Siena.

Due partite diverse, insomma, quella di via Solferino e quella del Fondo Due, ma con alcuni protagonisti di rilievo in comune. Una situazione che avrebbe richiesto massima trasparenza per una società quotata come Rcs e che invece resta ancora molto riservata sui termini di una trattativa che, oltre alla cessione dell’immobile, già venduto nel 2000 a Hdp, Milano Centrale (Pirelli) e Morgan Stanley Real Estate Funds per poi essere riacquistato nel 2003, prevede a latere, come in passato, un contratto di locazione per Rcs. Secondo quanto riportato il 6 ottobre dal Sole24Ore, il fondo statunitense avrebbe spuntato un rendimento del 7%, che sarebbe in linea con la fascia alta di mercato della zona ed equivarebbe ad un canone di affitto da circa 8,5 milioni di euro. Tuttavia le indiscrezioni di mercato parlano di un tasso vicino al 9 per cento. Interpellata in merito Blackstone non ha voluto confermare né smentire nulla. Tuttavia se confermato, il dato rappresenterebbe un vero e proprio affare per la società americana con un canone di locazione annuo superiore ai dieci milioni. Se così fosse, in pratica, con dodici anni di affitto l’immobile sarebbe praticamente ricomprato. Con la benedizione delle banche creditrici di Rcs che grazie alla cessione rientrano di parte dei loro crediti.

Dal Fatto Quotidiano del 7 ottobre 2013 aggiornato da Redazione web alle 8.00

Riceviamo e pubblichiamo la seguente precisazione di Prisma sgr

In riferimento a quanto riportato nell’articolo “Sede RCS, il doppio gioco di banca Intesa” pubblicato il 7 novembre, sottolineiamo quanto segue: 1) in alcun modo le vicende personali del sig. Roberto Villa hanno interessato e/o interessano Prisma SGR e/o gli amministratori della stessa in carica; 2) risulta destituita di ogni fondamento la notizia di un coinvolgimento di Gdp Sim s.p.a. (della quale Alberto Carpani è stato ad dal 2001 al 2010) nell’inchiesta Mps: Gdp Sim, società di intermediazione mobiliare di diritto italiano (e non svizzero), è sottoposta alla vigilanza della Consob e della Banca d’Italia e non ha mai svolto attività di intermediazione in strumenti finanziari derivati e/o altri titoli; conseguentemente Gdp Sim è del tutto estranea alle vicende ricordate nell’articolo; 3) in merito al citato fondo Due-Fondo Portafoglio, Prisma Sgr è subentrata nella gestione dello stesso per effetto della fusione per incorporazione di Zero Sgr Spa (all’epoca controllata totalmente da società riconducibili ad altri soggetti), perfezionatasi nel dicembre 2011. A tale data, il fondo in oggetto già risultava inadempiente nei confronti delle banche.
Image Building Ufficio Stampa Prisma Sgr

Ringrazio Image Building per la cortese segnalazione che arricchisce, pur non modificandolo, il quadro delineato dall’articolo. In merito ai punti evidenziati dalla società è doveroso fare alcune precisazioni: 1) il fallimento di un’azienda quotata in Borsa come la Richard Ginori non è una vicenda personale del signor Villa, oggi azionista di peso di Prisma; 2) in effetti la Gdp che avrebbe intermediato il derivato Alexandria è l’omonima società svizzera e non Gdp sim spa e mi scuso per il refuso. Ciò non toglie che entrambe le società siano state parte integrante della complessa struttura che ruota attorno alle attività del signor Villa di cui Carpani è lo storico braccio destro.
c.i.