Media & Regime

Datagate: Greenwald e la rivoluzione del giornalismo

 “Ci sarà presto una rivoluzione che cambierà radicalmente il modo in cui i media tratteranno le notizie riguardo i governi e le grandi istituzioni”. È Glenn Greenwald, il giornalista del Datagate, a mettere in guardia sul futuro del giornalismo in un’intervista rilasciata a Newsweek. Un cambiamento che sembrerebbe già in atto da qualche anno con la nascita dei whistleblowers. E inevitabile, considerata la pervasività dei contenuti digitali e l’accesso immediato ad una grande mole di informazioni. “La sorveglianza – secondo Greenwald – distruggerà il giornalismo perché permetterà ai governi di controllare le segnalazioni che verranno fatte. E ciò è il contrario di quanto previsto da una sana democrazia”. Afferma Greenwald.

Molti lo considerano un traditore o una spia quantoManning o Snowden. Gli americani per primi. Ma Greenwald, a testa alta, porta avanti il suo nuovo progetto: creare una startup di news globali che sarà finanziata da Pierre Omidyar – il miliardario fondatore di eBay – insieme a Laura Poitras e Jeremy Scahill, alcuni dei più importanti giornalisti investigativi del mondo. Omidyar, da sostenitore del giornalismo come di un veicolo per una migliore democrazia, è già fondatore del Civil Beat Law Center . Un’organizzazione che aiuta le persone ad accedere alle informazioni dei governi. Aperta a tutti, anche ai giornalisti provenienti da altri organi di informazione. L’intento è quello di avere governi più trasparenti. Il fondatore di Ebay identificò un problema: le agenzie spesso rifiutano le richieste di report, documenti, e altre informazioni che dovrebbero essere facilmente reperibili. E risolse il problema. Creando qualcosa di proprio. Appunto il Civil Beat Law. Che rispecchia l’idea che oggi vuole realizzare insieme a Greenwald, Poitas e Scahill. Tutti gridano al cambiamento. Tutti cercano un nuovo modo innovativo di fare giornalismo. Che faccia i dovuti controlli tipici del mestiere. Ma che non dipenda dalla sponsorizzazione dello Stato. Che non obbedisca agli ordini dei governi. Che sia libero.

 Mentre la realizzazione del progetto è in corso, Greenwald continua a riportare i documenti di Snowden. Negli ultimi giorni ha rilasciato alcune dichiarazioni all’Espresso: “La National Security Agency porta avanti molte attività spionistiche anche sui governi europei, incluso quello italiano”. Anche i nostri 007 e l’intelligence britannica, secondo il giornalista, hanno avuto un ruolo nella raccolta dei dati. Così i file della talpa del Datagate Edward Snowden creano un caso diplomatico che non ha eguali nella storia. Si manifesta una forte spaccatura tra Usa e Germania quando la Merkel scopre che anche il suo cellulare è sotto controllo. Dal 2002. Notizia che segue quella delle settanta milioni di telefonate francesi sorvegliate dall’Nsa soltanto nell’arco di un mese. Poi l’ultima: nel 2010 gli Stati Uniti possedevano circa 80 centri di spionaggio in Europa, comuni a Cia e Nsa, di cui uno a Roma. Lo scrive Der Spiegel online.

 Lo spionaggio è quindi globale. Nessuno è escluso. L’Nsa si dimostra un intelligence fragile. Poco credibile. Capace di farsi “scoprire”. Forse perché Snowden non è l’unica talpa. Potrebbe avere dei complici. Il Nobel per la Pace, Obama, con la solita giustificazione della lotta al terrorismo, si crea nemici. E nel mondo cresce la voglia di rappresaglie. Come dimostrato sabato – nell’anniversario del Patriot Act – quando centinaia di persone hanno marciato al National Mall di Washington DC, per protestare contro le operazioni segrete di sorveglianza dell’Nsa. StopWatching.us  è il nome della coalizione che si è formata da oltre cento organizzazioni per far luce sui programmi utilizzati dalle intelligence. E il nostro Paese quando si coalizzerà? Permetterà ai programmi di sorveglianza di distruggere la nostra privacy?

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