Giustizia & Impunità

“La legge Severino è retroattiva”: una sentenza smonta la difesa di Berlusconi

Per la prima volta, un tribunale si pronuncia sul testo che potrebbe costare al leader del Pdl la decadenza da senatore. I giudici di Torre Annunziata respingono il ricorso di un consigliere comunale cacciato dopo una lieve condanna

La notizia non farà piacere a Silvio Berlusconi. Arriva mentre i suoi fedelissimi affilano le armi in vista della prossima seduta della giunta per le elezioni, in programma lunedì 14 ottobre alle 18. C’è un Tribunale, a Torre Annunziata (Napoli), che ritiene la legge Severino priva di caratteri di incostituzionalità e che sia retroattiva, cioè valida per le condanne relative a reati commessi prima della sua entrata in vigore. Lo affermano i giudici Stefano Chiappetta (presidente del collegio), Francesco Coppola e Gabriella Ferrara nella sentenza con cui hanno respinto un ricorso su un caso che, nel suo piccolo, in qualche modo assomiglia a quello del Cavaliere.

Il caso riguarda la sospensione dell’ex sindaco di Poggiomarino (Napoli) Vincenzo Vastola dalla carica di consigliere comunale per una condanna a quattro mesi per abuso d’ufficio. Una vicenda modesta, molto modesta, in raffronto alla colossale evasione fiscale di Berlusconi: l’installazione di cinque lampioni pubblici sulla strada privata dove risiede il politico napoletano, decisa da Vastola quando era primo cittadino con un ordine di servizio non protocollato. Come spiega Francesco Gravetti su ‘Il Mattino’, quella di Torre Annunziata è la prima sentenza in materia a proposito della legge che sta provocando la decadenza di Berlusconi da senatore.

Il ricorso dei legali di Vastola poggiava sulle stesse argomentazioni dei difensori dell’ex premier. Ovvero sulla presunta non retroattività della ‘Severino’, che altrimenti configurerebbe profili di incostituzionalità. Secondo la sentenza del tribunale torrese, la sospensione di Vastola è invece legittima. I giudici hanno analizzato la legge Severino e hanno scritto: “Il fine primario è quello di allontanare dallo svolgimento del rilevante munus pubblico i soggetti la cui radicale inidoneità sia conclamata da pronunzie di giustizia. In questo quadro la condanna penale è presa in considerazione come mero presupposto oggettivo, cui è ricollegato un giudizio di ‘indegnità morale’ a ricoprire determinate cariche elettive: la condanna stessa viene quindi configurata alla stregua di ‘requisito negativo’ o ‘qualifica negativa’. Che impedisce di ‘mantenere la carica’.