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Vietnam: Giap, la morte di un grande vecchio

Il mitico comandante militare e dirigente politico vietnamita Vo Nguyen Giap è morto nei giorni scorsi all’età di 103 anni. Il Vietnam ha significato molto per la storia mondiale degli ultimi cinquant’anni e la mia generazione in particolare. Infliggendo dure sconfitte, a un prezzo carissimo, alle potenze imperialiste che si sono succedute nel tentativo di assoggettarlo (Giappone, Francia, Stati Uniti) il popolo vietnamita ha saputo dimostrare  che è possibile sconfiggere poteri militarmente molto più forti ed ottenere la propria indipendenza, non solo formale ma sostanziale, ed il rispetto universale della propria sovranità. La guerra del Vietnam ha rivelato a tutto il mondo il vero volto dell’imperialismo e del dominio degli Stati Uniti, sfatando i miti ingannatori della falsa democrazia occidentale.

Estenuati dalla resistenza del popolo vietnamita e costretti a subire quasi sessantamila perdite e a spendere un’enorme quantità di denaro in spese militari, alla fine gli Stati Uniti dovettero mollare la presa e firmare la pace. Si apriva così una nuova fase della storia mondiale, contrassegnata, sul piano economico, dal venir meno degli accordi di Bretton Woods e dalla fluttuazione delle valute e, su quello politico, dalla fine della centralità degli Stati Uniti, solo provvisoriamente ed illusoriamente rilanciata dalla fine del blocco sovietico quindici anni dopo. Gli altri e più recenti  tentativi statunitensi di usare la forza militare per imporsi nel mondo non hanno avuto migliore fortuna. Basti citare quello dell’Iraq, dove un impiego devastante di forza militare ha alla fine prodotto un risultato politico assolutamente contrario alle aspirazioni statunitensi, con un governo alleato all’Iran, che è uno dei principali antagonisti di Washington.

Il Vietnam è oggi un Paese emergente, dotato di un’economia in espansione. Visitando Hanoi qualche anno fa per il congresso dell’Associazione internazionale dei giuristi democratici incontrai il presidente della Repubblica vietnamita, il quale mi disse, ridendo, che avrebbe presto incontrato Berlusconi, allora presidente del Consiglio. In quell’occasione mi vergognai profondamente di essere italiano e di avere per rappresentante un soggetto di quel genere.

Un’altra esperienza che feci all’epoca fu la visita di un centro di salute dove erano ricoverate le vittime dell’agente Orange, una sostanza chimica usata all’epoca della guerra in modo massiccio dagli Stati Uniti per contrastare la guerriglia, infliggendo danni ambientali irreversibili e producendo vittime ancora oggi, sotto forma di bambini che vengono al mondo con terribili malformazioni. E’ davvero sconcertante che gli Stati Uniti si ergano oggi, alla ricerca di pretesti per nuove guerre, a paladini delle vittime di presunti attacchi con armi chimiche quando sono loro ad averle usate in modo così indiscriminato, provocando solo in tale occasione con esse  seicentomila vittime accertate. I giuristi democratici hanno da tempo intrapreso una battaglia legale, negli Stati Uniti ed altrove, per ottenere la condanna non solo del governo di Washington, ma anche delle imprese multinazionali chimiche  che hanno fornito il materiale per questi crimini di guerra e contro l’umanità.

Vo Nguyen Giap fu , insieme ad Ho Chi Minh, il principale protagonista ed artefice della vittoria vietnamita e il suo nome leggendario lo gridavamo nei cortei che si svolgevano a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta a sostegno del popolo vietnamita. Giap era anche cittadino onorario di Genzano, che un tempo fu il cuore rosso dei Castelli romani. Oltre ad essere un imbattibile stratega militare, Giap era un sincero rivoluzionario che ebbe sempre nel cuore l’ideale socialista di una società giusta ed egualitaria. Una sua frase che va ricordata è la seguente: “In una società chi è povero lavora per migliorare la sua vita, chi vive mediocremente lavora per diventare ricco e chi è ricco vuole diventare sempre più ricco. Ma se questi lavorassero insieme, faremmo un paese prospero per tutti, non solo in senso materiale, ma anche culturale. Questa è l’idea di socialismo, dove al centro si trova sempre l’uomo”. Su questa frase dovrebbero meditare a fondo anche le attuali classi dirigenti di Paesi come il Vietnam o la Cina.

Un altro motivo per cui Giap va ricordato è aver dimostrato, con l’esempio pratico, che la ragione in questo mondo non basta, ci vuole anche la forza. E che con la forza e la ragione insieme si può e si deve vincere, per instaurare una società in cui tutti abbiano diritto di cittadinanza effettiva. Un esempio quindi da seguire e osservare nei difficili tempi che stiamo vivendo. Perfino il New York Times, come ha sottolineato Giulietto Chiesa, ne ha riconosciuto i meriti storici. Un esercizio di obiettività e onestà intellettuale che aspetteremmo invano da politici e giornalisti affiliati al nostro attuale regime neodemocristiano, servile come e più dell’originale nei confronti della potenza imperiale. Ma noi, cittadini indipendenti di questa Repubblica nata dalla Resistenza, Lo ricordiamo con affetto e lo onoriamo.