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Mediobanca, da FonSai, Burani e Impregilo cause pendenti per 300 milioni

Problemi anche con il fisco per Piazzetta Cuccia che al 30 giugno contava 25 pratiche di contenzioso per "una maggiore imposta accertata di 103,4 milioni, oltre ad interessi e sanzioni"

Oltre 300 milioni di euro. A tanto ammontano le cause di risarcimento danni che sono state intentate nei confronti di Mediobanca in relazione ad alcune vicende che hanno visto a diverso titolo protagonista in questi anni la banca d’affari guidata da Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Il capitolo più consistente, come emerge dal bilancio 2012-2013, resta quello della mancata Opa su Fondiaria Sai nel 2002 che la famiglia Ligresti e Piazzetta Cuccia, allora alleati, avrebbero dovuto lanciare sulla compagnia fiorentina.

Le tredici cause intentate contro Mediobanca per FonSai hanno un valore di 100 milioni di euro, importo che non considera gli interessi maturati in oltre un decennio di guerra in tribunale. Soprattutto ad esse sono destinati i 150 milioni già accantonati nel fondo rischi e oneri: un ammontare che – è scritto nel bilancio – “fronteggia ampiamente” gli oneri di tutte le vicende legali che coinvolgono Piazzetta Cuccia.

Sempre relativa a un concerto, cioè a un presunto patto non dichiarato per non superare la soglia del 30%, è la causa relativa a Impregilo. A Mediobanca, che è stata azionista del general contractor con una quota di poco inferiore al 2%, è stato chiesto – assieme ad altri quattro convenuti – un risarcimento di 73 milioni di euro per l’asse con la famiglia Gavio. A citare Mediobanca sarebbe stata Salini, autrice di una dura offensiva legale nel momento in cui infuriava la battaglia per Impregilo. Passata la buriana, dopo l’adesione all’opa di Piazzetta Cuccia e la resa dei Gavio, la richiesta non dovrebbe avere strascichi particolari.

Infine c’è il capitolo del crac Burani: Mediobanca rilasciò un giudizio di congruità (in gergo fairness opinion) sul prezzo a cui venne lanciata da parte della famiglia Burani l’Opa parziale su Mariella Burani Fashion Group, prezzo che il pm Luigi Orsi, nella requisitoria con cui chiese la condanna di Giovanni e Walter Burani, definì tre volte più alto del valore che “sarebbe stato corretto”. A Piazzetta Cuccia il fallimento delle ex holding dei Burani – che sta agendo anche contro Ubi Banca ed Equita Sim – chiede un risarcimento da 134,4 milioni di euro.

Problemi, poi, anche col fisco. “Al 30 giugno scorso il Gruppo presentava n. 25 pratiche di contenzioso per una maggiore imposta accertata di 103,4 milioni, oltre ad interessi e sanzioni – si legge nell’ultimo bilancio dell’istituto – . Tutte le pratiche si riferiscono a controversie con l’Amministrazione Finanziaria italiana”. Si tratta in particolare  di 15 pratiche su “pretese operazioni inesistenti” nell’ambito dell’attività di leasing, per una maggior imposta accertata di 35,7 milioni; 2 contestazioni sulla deducibilità di parte delle perdite da cessione prosoluto di crediti da parte di Compass negli esercizi 2006/07 e 2007/08, per una maggior imposta accertata di 64 milioni; 3 contestazioni sull’applicazione dell’imposta sostitutiva e di registro in sede di erogazione di finanziamenti a società italiane da parte di Mediobanca, per una maggior imposta accertata di 2,1 milioni; 5 contestazioni su altre materie per una maggior imposta accertata di 1,4 milioni.

“Le Società hanno impugnato tutti i provvedimenti essendo convinte della correttezza del proprio operato e non hanno pertanto iscritto alcun accantonamento al fondo rischi ed oneri, anche alla luce dell’andamento del contenzioso e delle clausole di manleva presenti negli accordi con la clientela per quanto concerne l’imposta sostitutiva e di registro. Tale impostazione non verrà modificata anche in caso di soccombenza nei primi gradi di giudizio”, spiega la banca che lo scorso esercizio ha versato al presidente e all’ad 2,5 milioni di euro ciascuno.