Scuola

Ministro, domani nelle scuole si parli di Lampedusa

Oggi pomeriggio prima di fare la lezione di motoria non potevo non aprire gli occhi dei miei ragazzi mostrando loro ciò che è accaduto a Lampedusa. Guardando la cartina geografica appesa al muro, puntando gli occhi su quel mar Mediterraneo che proprio ieri abbiamo disegnato sui quaderni, abbiamo letto insieme in religioso silenzio i numeri di questa strage: “Sono più di novanta le vittime del naufragio avvenuto al largo di Lampedusa. Tra i cadaveri anche quattro bambini e una mamma incinta…”. Novanta morti: tanti quanti tutti gli alunni della scuola.

Ho letto questa notizia con i miei allievi perché mi auguro che nessuno di loro diventi come quei lettori che oggi sul sito de “Il Giornale” lasciavano commenti di questo genere: “Sono clandestini non migranti”; “finalmente una buona notizia…che goduria”; “chissenefrega”; “saranno immigrati ma non sono affatto fessi, hanno capito chi siamo noi”. 

Oggi a Lampedusa sono morte delle persone; in Italia sono morte le nostre coscienze. Ecco perché credo che domani in ogni scuola, al suono della prima campanella, si dovrebbe iniziare la lezione non chiudendo la porta e lasciando dietro di essa ogni tragedia ma lasciandola spalancata per sentire l’eco dei pianti di chi in queste ore sta contando i morti.

Mi aspetterei che il Ministro della Pubblica Istruzione Maria Chiara Carrozza chiedesse a tutti gli insegnanti di fare un minuto di silenzio per questi nostri fratelli e la lettura della notizia perché a nulla servirà  imparare bene la grammatica o i sumeri se prima non avremo in questo dannato Paese dei cittadini che conosco la parola diritto umano.

La politica in un’Italia dove il migrante è ancora criminalizzato, dove esiste ancora la Bossi/Fini, ha mostrato il suo fallimento ma la scuola non può perdere l’occasione di educare i nostri giovani al rispetto dell’altro, soprattutto in un Paese dove nelle scuole dell’infanzia i bambini (figli di migranti)  nati in Italia sono otto su dieci. Proprio nei giorni scorsi parlando di immigrati chiedevo ai bambini: chi sono? Cosa significa immigrare? Qualcuno mi ha risposto: “Sono delle persone cattive”. E’ lì che ho compreso, prima ancora di leggere i commenti dei lettori de “Il Giornale”, che chi educa ha di fronte un’urgenza: questa Scuola ha il dovere di formare persone che non siano indifferenti.

E sia chiaro a chi ancora una volta alla fine di questo post commenterà che il maestro dovrebbe limitarsi ad insegnare a leggere e scrivere che oggi ho fatto anche quello rispettando il programma didattico (insegnamento della poesia; un’ora e mezza di educazione motoria con giochi di gruppo). Ma prima ho insegnato ad aprire gli occhi.