Economia

Alitalia, Fiumicino non si fida del suo socio Benetton e chiede al governo di vigilare

Giovedì 26 il cda chiave della compagnia. Alla vigilia da Aeroporti di Roma, che ha come socio forte la famiglia veneta, presente anche in Alitalia, è partita la richiesta di attenzione da parte della politica

La polemica sul caso Telecom è solo all’inizio ed ecco che monta quella su Alitalia. Paradossalmente, però, a dare il là alle danze sono proprio alcuni degli azionisti della ex compagnia di bandiera. E’ il caso della famiglia Benetton che attraverso Atlantia ha in mano l’8,85% di Alitalia e tramite Gemina la maggioranza relativa di Aeroporti di Roma. La società che gestice lo scalo di Fiumicino alla vigilia del cda di Alitalia che dovrebbe varare una ricapitalizzazione da almeno 100 milioni di euro e spianare la strada al raddoppio della quota di Air France-Klm dal 25 al 50 per cento, ha chiesto alla politica che si vigili affinché l’eventuale controllo dei soci transalpini non fagociti l’aeroporto romano.

C’è “forte preoccupazione per la situazione economica, finanziaria e societaria di Alitalia, che potrebbe determinare difficoltà nel mantenimento della connettività intercontinentale e internazionale della compagnia di bandiera sul mercato italiano, con pregiudizio del ruolo di Hub carrier”, sostiene una nota di Adr. Secondo la quale ci sono da temere “gravi riflessi economici, finanziari ed occupazionali sull’indotto, con una conseguente riconsiderazione del progetto di sviluppo delle infrastrutture dello scalo di Fiumicino”.

Dalla capitale francese, dove domani il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, vedrà il collega francese Frederic Cuvillier in un incontro che non potrà non tener conto del dossier Alitalia-Air France, però, non arrivano segnali di particolare fretta. L’indirizzo sembra essere attendista, visto che, qualsiasi sia la decisione del cda di Alitalia, i cugini d’oltralpe dovranno convocare un nuovo board per discutere l’adesione all’aumento. E al momento di quella convocazione non c’è ancora traccia. Senza contare che il per il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, “occorre costruire le condizioni per trovare una partnership che non deve essere necessariamente con Air France”, anche se al momento non si profilano all’orizzonte altri pretendenti o potenziali partner particolarmente interessati. La situazione finanziaria di Alitalia che è già costata ai contribuenti oltre 4 miliardi di euro, però, non è delle più semplici.

L’amministratore delegato Gabriele Del Torchio ha quantificato in passato in circa 355 milioni le esigenze di cassa, reperibili per 55 milioni dai soci che non avevano sottoscritto il precedente prestito di 150 milioni e per 300 milioni attraverso la ristrutturazione del debito, l’allungamento delle scadenze ed il reperimento di mezzi finanziari freschi sul mercato. Che guarda quindi con interesse al cda di Alitalia di giovedì 26, dal quale Air France attende un sostegno da parte dei creditori, i quali a loro volta aspettano di incassare l’impegno dei soci in vista di un nuovo aumento di capitale. 

All’ordine del giorno del consiglio del gruppo italiano ci sono infatti i conti semestrali, attesi in rosso per almeno 200 milioni e l’esame del rapporto di Banca Leonardo sulla propensione delle banche creditrici a concedere una ristrutturazione dei prestiti. L’attesa è poi per il varo dell’aumento di capitale da almeno 100 milioni di euro di cui si parla da tempo. L’azienda d’Oltralpe potrebbe garantirsi una quota di controllo con una spesa intorno ai 150 milioni di euro, controbilanciati da un impatto benefico delle nuove sinergie compreso tra i 50 e i 100 milioni all’anno. Il problema però, sottolineano da Parigi a mezzo stampa, “è come risanare Alitalia e a quale prezzo, su un mercato italiano con forte penetrazione delle compagnie low cost e quelle del Golfo, a cui il governo italiano ha concesso molti slot di traffico”.

Per questo, l’eventuale aumento della quota di Air France-Klm sarà accompagnata da pesanti condizioni, in particolare sulla ristrutturazione del debito, che dovrà essere “reso più sopportabile”. Ciò che preoccupa gli acquirenti franco-olandesi è in particolare la parte del debito di Alitalia, 300 o 400 milioni su oltre 1 miliardo, che è in mano alle banche italiane – tra le quali spiccano Unicredit, per circa 180 milioni, Intesa SanPaolo con poco meno di 100 milioni, Popolare di Sondrio con 90 milioni e Mps con 70 milioni – e che dovrà in qualche modo essere riscadenzato.

L’avvicinarsi del passaggio della quota di controllo in mani franco-olandesi, intanto, suscita già le prime preoccupazioni nelle associazioni di categoria italiane, in particolare per le sue ricadute sull’occupazione. A rischio, secondo l’associazione degli assistenti di volo Avia, ci sarebbero 2.000 posti di lavoro tra piloti, hostess e steward e personale di terra.