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Decadenza Berlusconi, abolire il voto segreto per sempre e per tutto? Ma siamo pazzi…

“Abolire per sempre, e non solo per Berlusconi, il voto segreto”. La proposta del M5S è senza dubbio molto trasparente rispetto a quanto di ambiguo si va agitando nella prospettiva del voto a Palazzo Madama sulla decadenza del Cavaliere da senatore. Ed è senza dubbio molto coerente con la linea più volte sostenuta dal vertice del movimento (Grillo e Casaleggio) sulla necessità del superamento di quanto stabilito nell’art. 67 della Costituzione: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato“.

Ma è anche in netto contrasto con l’opinione di quanti vedono nello strapotere dei partiti e nella partitocrazia l’origine della gran parte dei mali e del degrado delle istituzioni democratiche. Strapotere ulteriormente accentuato, negli ultimi anni, dalla normativa elettorale (tuttora vigente!) che ha fornito alla ristretta cerchia dei leader nazionali dei sedicenti partiti (in realtà quasi tutti organizzazioni personali) di “nominare” direttamente i singoli parlamentari.

Insomma, se passasse la proposta del M5S i leader nazionali di partito (in primis Berlusconi), oltre a nominare ogni singolo parlamentare, potranno controllarne sempre, su ogni singolo voto d’aula, su qualsiasi materia, il voto, appunto attraverso l’abolizione tombale del “voto segreto”. Che sarebbe una gran bella e commendevole cosa se ritenessimo – e per chi eventualmente ritenesse – che il problema della nostra democrazia e delle nostre istituzioni fossero i parlamentari “troppo liberi e autonomi” e non i partiti.

Si faccia dunque tutto quanto è possibile per avere, sul caso della decadenza di Berlusconi, una votazione quanto più trasparente è possibile. Tenendo conto dei due punti fermi fissati dal regolamento del Senato all’art. 113: “l’Assemblea vota normalmente per alzata di mano, a meno che quindici Senatori chiedano la votazione nominale e, per i casi consentiti dai commi 4 e 7, venti chiedano quella a scrutinio segreto” e “sono effettuate a scrutinio segreto le votazioni comunque riguardanti persone e le elezioni mediante schede”. E magari sostenendo – come prende in considerazione che si possa sostenere persino il costituzionalista Valerio Onida – che “le votazioni sulle cause di ineleggibilità non siano propriamente votazioni riguardanti persone, ma attengano alla regolare composizione dell’assemblea”.

Ecco dunque cosa si potrebbe opporre alla colomba, al falco, alla pitonessa o all’amazzone Pdl che chiedesse il voto segreto motivandolo col fatto che la questione riguarderebbe una persona (Berlusconi). Ma dalla fauna senatoriale pidiellina potrebbe venir fuori, a questo punto, la ventina di esemplari in grado di richiedere e forse di pretendere lo stesso, a norma di regolamento, il voto segreto.

A quel punto le reazioni di chi ritiene la decadenza di Berlusconi moralmente e legalmente ineludibile potrebbero essere due: o si prende democraticamente atto degli eventi e si va alla conta a scrutinio segreto (e non è affatto scontato che a rischiare di più in franchi tiratori siano Pd, M5S, Sel e Scelta Civica, e non il Pdl) oppure si tenta di cambiare il regolamento, come propone il M5S: ma per fissare l’obbligo del voto palese solo per pochi e specifici casi e in particolare per votazioni che “attengano alla regolare composizione dell’assemblea”, e non – per le ragioni dette all’inizio – nel senso di eliminare per sempre e per tutto il voto segreto, storicamente l’ultimo baluardo di difesa, nelle istituzioni rappresentative, dello strapotere dei partiti e della partitocrazia.

Certo, anche l’autonomia dei parlamentari ha i suoi aspetti negativi: si pensi solo ai Mastella e agli Scilipoti. Ma ogni cosa e istituto, a questo mondo e nella democrazia, ha aspetti positivi e negativi. Bisogna distinguere e scegliere l’istituto nel quale, secondo noi, gli aspetti positivi prevalgono sui negativi, oppure – nei casi più disperati, come forse il caso Italia – l’istituto i cui aspetti negativi siano realisticamente meno devastanti degli aspetti negativi di altri istituti.

Insomma, scegliere: o i rischi della partitocrazia o i rischi del trasformismo. Eliminarli tutt’e due? Non è nel novero delle cose fattibili con la modifica di un articolo del regolamento del Senato.