Cultura

Saccheggio dei Girolamini, nessuno è intoccabile

La notizia è di quelle che fanno la storia del mercato antiquario mondiale: per la prima volta una procura italiana chiede e ottiene l’arresto del titolare e direttore esecutivo di una grande casa d’aste internazionale. Ieri la Procura di Napoli ha infatti annunciato che il 2 agosto scorso è stato arrestato a Monaco di Baviera, Herbert Schauer, capo della Zisska, Schauer & c.

Si tratta di un clamoroso passaggio dell’indagine (partita dalla mia denuncia pubblicata sul Fatto il 30 marzo del 2012) sulla devastazione e il saccheggio della Biblioteca napoletana dei Girolamini: che si sta sempre più rivelando come la più importante inchiesta mai condotta sul mercato internazionale clandestino di beni culturali provenienti dall’Italia.

Per il disastro dei Girolamini è stato condannato a sette anni in primo grado per peculato, ed è a processo per associazione a delinquere, Marino Massimo De Caro, già braccio destro di Marcello Dell’Utri (indagato nello stesso procedimento, perché trovato in possesso di alcuni preziosissimi volumi della biblioteca) e già membro dell’organico del Ministero dei Beni Culturali in quanto consigliere ufficiale dei ministri Giancarlo Galan (ora eletto come se nulla fosse alla presidenza della Commissione Cultura della Camera) e Lorenzo Ornaghi.

Ma ora il procuratore Giovanni Melillo alza il tiro, concentrandosi sulla rete di complicità antiquariali: si passa, cioè, dalla manovalanza criminale di questo singolarissimo personaggio del sottobosco politico italiano, ai colletti bianchi di un circuito internazionale dai mille scheletri negli armadi.

Nel corso di numerosi interrogatori, De Caro ha raccontato come ha fatto arrivare a Monaco alcuni manoscritti, incunaboli, e i libri del fondo Valletta su cui studiava Giovan Battista Vico. Il direttore-ladro sceglie la casa d’aste tedesca nel settembre 2011 (solo tre mesi dopo che è stato nominato ai Girolamini con il nulla osta del Mibac di Galan), e consegna al suo complice Luca Cableri (libraio antiquario friulano) ben seicento volumi, in più rate. In cambio riceve un acconto di un milione di euro (ma centomila sono la commissione di Cableri), tutti in biglietti da 500. L’accordo prevedeva che, ad asta conclusa, il ben maggiore ricavo previsto sarebbe stato versato a De Caro attraverso la triangolazione con una società svizzera.

La domanda è: i vertici della casa d’asta bavarese erano a conoscenza della provenienza illecita, e in particolare del fatto che stavano mettendo sul mercato un pezzo di una delle biblioteche più importanti e gloriose d’Europa?

L’arresto di Herbert Schauer dimostra che la Procura di Napoli è convinta che, sì, lo sapessero perfettamente. Sul sito della Zisska & Schauer, lo staff superstite («profondamente scioccato») protesta invece la propria innocenza, sostenendo di aver «verificato attentamente le credenziali del proprietario e i libri stessi».

Ma la Procura di Napoli ha elementi molto pesanti che vanno nella direzione opposta: e colpisce soprattutto la deposizione di uno dei più noti mercanti di libri antichi, Filippo Rotundo, con negozi a Roma e a New York. Rotundo racconta che lui stesso, e con lui l’intero gotha del commercio bibliografico mondiale, rimase scioccato quando vide, nell’aprile del 2012, i libri italiani esposti a Monaco in vista dell’asta. I timbri e le note di possesso dei Girolamini apparivano malamente abrasi, e coperti con grossolane imitazioni (addirittura con fotocopie) di altri ex libris scelti a casaccio. Ed è davvero difficile pensare che una casa d’asta della professionalità di quella bavarese potesse ignorare una simile campagna di depistaggio. Posso, d’altra, parte aggiungere un dettaglio personale: il 2 maggio 2012 una funzionaria della casa d’aste (Sabine Zachmann) mi scrisse una mail, dicendo di aver letto i miei articoli sul Fatto e chiedendomi se possedessi una lista dei libri sottratti ai Girolamini. Ma l’asta doveva tenersi appena una settimana dopo, e se davvero Schauer avesse voluto prendere informazioni, e non precostituirsi una linea di difesa, avrebbe semmai dovuto scrivere alla Procura di Napoli.

In ogni caso, l’arresto di Schauer è un importantissimo messaggio rivolto ai vertici dell’antiquariato internazionale, gli stessi che si erano ben guardati dal denunciare ciò di cui si erano perfettamente resi conto a Monaco. E il messaggio è che non ci sono confini e non ci sono intoccabili: l’Italia non rinuncia alla propria sovranità.

Non è un caso se questo segnale arriva dall’unica procura italiana che ha un pool dedicato alla difesa del patrimonio culturale, peraltro guidato dal procuratore aggiunto Melillo, il quale è uno dei massimi esperti italiani nella lotta alle mafie: ed proprio questa la strada da percorrere.

Sempre che siamo convinti che la sovranità appartenga al popolo italiano e non ai mercati internazionali.

 

Il Fatto Quotidiano, 28 agosto 2013