Economia & Lobby

Lucchini, addio all’industria soffocata dai salotti

Luigi Lucchini ha avuto il torto di morire, due giorni fa a 94 anni, postumo di se stesso. È la sua parabola di self made man, protagonista della ricostruzione del Dopoguerra, è finita in parole d’occasione coniugate al presente, tempo a lui ormai estraneo.

Così l’Unità, che nel 1984, in pieno scontro sul taglio della scala mobile, vide un “grave attacco al Pci” nel suo insediamento alla presidenza della Confindustria , ieri ha scoperto che aveva ragione il “falco”. Secondo Massimo Mucchetti, giornalista economico oggi senatore Pd, allora “il sindacato si scandalizzò per l’arroganza padronale”, e invece “non si chiese se stesse facendo un buon uso del suo potere”.

Tocca al Corriere della Sera, di cui Lucchini è stato anche presidente, il ritratto in negativo di uno sconfitto che, all’età di anni 85, dovette vendere il suo impero siderurgico ai russi della Severstal . La “fine di un sogno” ha “reso amari quanto un veleno i suoi ultimi anni”. Ma la cosa più amara, leggiamo, fu scoprire che i “salotti buoni” di cui era stato a lungo protagonista (azionista di Mediobanca, presidente di Montedison, Comit e Rcs) al momento decisivo, nel 2004, lo avevano “lasciato solo”.

La storia di Lucchini è esemplare dell’insano rapporto tra la grande impresa delle dinastie (Agnelli, Pirelli, Pesenti…) che gestivano il potere sotto la regia di Enrico Cuccia, e le imprese emergenti dei Lucchini, degli Arvedi, dei Merloni. I primi usavano i secondi, finché servivano.

Lucchini, quando era Lucchini, raccontava con acuta ironia di quando Gianni Agnelli lo convocò a villa Frescot per affidargli la Confindustria, e lui andò un po’ emozionato, perché non conosceva l’Avvocato. Era l’Italia dei mitici anni 80. Poi smisero di usarlo, perché aveva 85 anni, e perché possedeva solo la sua esperienza e intelligenza, ma nessun pacchetto azionario strategico: a Brescia si dava credito a Romain Zaleski perché consolidasse l’azionariato di Intesa Sanpaolo, ma non al cavalier Lucchini, siderurgico.

E questo era il declino italiano. Che uomini anche saggi e lungimiranti come Lucchini non sono mai riusciti a denunciare.

 

Twitter@giorgiomeletti

il Fatto Quotidiano, 28 agosto 2013