Politica

Italia – Ue: canea d’agosto senza contraddittorio

Ma che vadano un po’ in ferie anche loro!, i politici. Così, questa canea di dichiarazioni che ci avvelena l’estate si quieterà: almeno la settimana di Ferragosto, un po’ di silenzio, prego, che si sentano lo sciacquio del mare sulla spiaggia, il frinire delle cicale nei boschi e i campanacci delle mandrie al pascolo sui sentieri in altura.

E’ vero che tutti s’aspettano che i politici lavorino di più, ma parlare di più (e sempre) non è mica lavorare. Anzi, dopo la conferma in Cassazione della condanna per evasione fiscale di Silvio Berlusconi, il fragore delle chiacchiere s’è fatto, se possibile, ancora più forte (e più confuso).

Tant’è che, per farsi sentire, il premier Letta è ricorso a un vecchio trucco dei nostri leader: è andato a parlare all’estero, perché le consuete banalità, se vengono da Washington, o da Bruxelles, o magari pure da Pechino –Berlino lasciamola stare ora, che stanno già tutti in campagna elettorale-, ci pare abbiano più peso.

Solo che, a corto di questi tempi di capitali autorevoli, il premier è andato a parlare a Baku, capitale dell’Azerbaigian –se non vedete esattamente dov’è sulla cartina dell’Asia Centrale, pensate che sta lì vicino al Kazakhstan-. Un viaggio, ci spiegano, obbligato, perché bisognava ringraziare il satrapo locale, tale Alayev, politicamente creatura simile al kazako Nazarbayev, per un gasdotto, il Tap, che porterà energia all’Europa dal suo Paese via Grecia e Italia.

E, da Baku, Letta dice agli italiani che, se ci sarà la crisi, pagheranno l’Imu a settembre e pure a dicembre. Sembra un avviso al Pdl: “Se fate la crisi, i vostri elettori saranno delusi”. Ma il suo vice, Alfano, che certe cose le capisce al volo, prende la frase del premier e la gira, “Se il governo va avanti, l’Imu non si pagherà”. Diventa un avviso al premier e al Pd: “Niente crisi uguale niente Imu”.

E così quello che pareva un gol diventa un autogol. Primo, perché, se rinuncia all’Imu punto e basta, il governo si ritrova con un buco che non sa come colmare –e se l’Ue d’agosto sonnecchia a settembre sarà tutto un monito a rispettare gli impegni su deficit e debito-. Secondo, perché i soldi dell’Imu, pur pagata solo da chi ha un reddito elevato, possono servire a ridurre le tasse sul lavoro e sulle imprese e contribuire al rilancio dell’economia.

E, invece, a furia di guardare l’Italia da Baku, sembriamo divenuti strabici: della politica, leggiamo solo l’esigenza della continuità, come se la sopravvivenza di questo governo fosse di per sé un valore, indipendentemente dal rispetto della giustizia e da quello che fa; e, dell’economia, cogliamo solo i segnali positivi.

La scorsa settimana, siamo stati quasi travolti da un cavallone di ottimismo. E lo spread è oggi sceso a 247 punti, mai così in basso dal luglio 2011, quando il Cavaliere non aveva ancora lanciato la corsa al precipizio; le entrate fiscali sono aumentate nel primo semestre da 180 a 189 miliardi (solo a giugno 46,3 miliardi, più 21,3%); e 7,5 miliardi di bot a 12 mesi sono stati tutti collocati, con tassi in calo all’1,053%.

Bene. Però, alcuni dati di fondo restano negativi. Oggi, BankItalia dice che il nostre debito a giugno è ancora salito a 2.075,1 miliardi di euro, più 0,6 miliardi). Ed il Pil non la smette di scendere.

Certo, i nostri custodi, a Bruxelles o a Berlino, sono o in vacanza o in tutt’altre faccende affaccendati. Ma davvero ci conviene fare come i topi, che ballano solo quando il gatto non c’è?