Politica

Torino, in consiglio comunale torna Giusi La Ganga, simbolo di Tangentopoli

Dopo la sfilza di patteggiamenti per tangenti e ricettazione negli anni Novanta, l'ex socialista craxiano subentra nei banchi del Pd per l'abbandono di due colleghi. "E' tempo di pacificazione", dice. Imbarazzo nei democratici, il Pdl lo difende. M5s: "Nessuna pacificazione con chi ha spolpato il paese"

Ha dovuto aspettare a lungo, ma alla fine Giusi La Ganga, referente piemontese del Psi craxiano e uno dei nomi simbolo di Tangentopoli, ce l’ha fatta. È tornato alla politica entrando nel Consiglio comunale di Torino, tra i banchi del Pd. Ci è riuscito per il rotto della cuffia: un consigliere, Roberto Tricarico, ha raggiunto Ignazio Marino a Roma e un altro, Stefano Lorusso, è diventato assessore. Si sono così liberati due posti, uno dei quali assegnato al primo non eletto La Ganga che dopo quasi venti anni di lontananza dalle aule ricomincia da semplice consigliere comunale dell’era Fassino. E come all’epoca della sua candidatura nel 2011 non mancano le polemiche.

Due anni fa la sua “malattia cronica” per la politica (come aveva detto in un’intervista del 2005) aveva provocato alcuni mal di pancia, soprattutto tra i Giovani Democratici che tornano alla carica e ricordano: “La Ganga non doveva neanche essere candidato”. Il loro malumore è condiviso pure dai consiglieri comunali di Sel Marco Grimaldi e del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino e Vittorio Bertola, che lunedì in aula hanno sollevato la questione votando contro il suo subentro.

La Ganga da anni si difende ricordando che il Tribunale di Torino lo ha riabilitato nel 2005, anni dopo i patteggiamenti di pena nel periodo di Tangentopoli, con quel sistema corruttivo mai negato fino in fondo: “Ritengo di avere pagato i miei debiti, in ogni senso – aveva detto in un’intervista a La Repubblica nel 2011 -. E ritengo anche che quel sistema, per quanto criticabile, non possa essere liquidato come una vicenda criminale: c’era di tutto, chi voleva arricchirsi personalmente e chi invece semplicemente era corresponsabile di un meccanismo politico”.

All’epoca di Tangentopoli Giusi La Ganga era capogruppo socialista alla Camera, referente piemontese del Psi di Bettino Craxi, che nel 1983 lo aveva mandato a Torino come commissario per risanare il partito segnato dai primi scandali per le tangenti che portarono alle dimissioni degli eletti socialisti. “Fermi tutti, arriva La Ganga”, dice Craxi vestito da gangster in una vignetta di Forattini.

Non resta immune da quel sistema e finisce indagato più volte, proprio a cominciare da quello scandalo che ruotava attorno al faccendiere Adriano Zampini. Poi, negli anni Novanta, arrivano le indagini sulle tangenti e La Ganga riceve dieci avvisi di garanzia per i casi più svariati: le tangenti per la costruzione del centro commerciale “Le Gru” a Grugliasco (To) e per l’ospedale di Asti, le bustarelle per l’assicurazione Ina-Assitalia sugli immobili della Provincia, le mazzette da aziende del Gruppo Fiat, dall’Ansaldo, dai Grandi Motori Trieste.

La Ganga ne esce spesso patteggiando. Pure nel gennaio 1994, per la vicenda di Asti, patteggia un anno e otto mesi, più mezzo miliardo di lire di risarcimenti. In quell’occasione scrive una lettera al giudice: “Confermo la decisione di ritornare alle mie private occupazioni, lasciando dopo tanti anni la vita pubblica. Tale mia impegnativa decisione deriva dalla convinzione che si è aperta una nuova stagione politica ed altri dovranno esserne i protagonisti”. E ancora dichiara: “Mi assumo la responsabilità dei finanziamenti illeciti ricevuti e per coerenza non posso più continuare a fare il politico”. Ma le vicende giudiziarie non terminano qui. Il 13 giugno 1995 finisce in carcere per qualche ora, giusto il tempo di ammettere l’accusa di ricettazione fatta dall’allora pm Vittorio Corsi: aveva ricevuto 60 milioni di lire da un compagno di partito, proveniente di una tangente. In quell’anno si definiva ormai “pensionato”, ma ora ricomincia dal consiglio comunale.

Lunedì è tornato e ha parlato di “pacificazione politica” con quella stagione. Ventinove consiglieri hanno approvato il suo subentro. Per molti di loro la polemica è solo un problema politico interno al Pd, uno dei tanti che provoca spaccature. Il Pdl, tramite il capogruppo Andrea Tronzano, difende La Ganga: “È un cittadino e va rispettato”. Contrari Sel e M5S. Per Bertola (M5S) il suo subentro è un “atto dovuto, previsto dalla legge, ma crediamo vada sollevato il problema politico della scelta delle persone da parte dei partiti. Noi non l’avremmo mai candidato e non ci può essere nessuna pacificazione con la classe politica di quegli anni che hanno spolpato il Paese”. Per Grimaldi: “C’è un eterno ritorno al passato. Qui in Comune gli anni Ottanta tornano a ruggire”. Niente di più vero nei giorni in cui Ligresti viene arrestato, Del Turco viene condannato e La Ganga torna in politica.