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Egitto, il ‘non golpe’ che piace a Israele, Usa e Siria

Egitto, manifestazioni a sostegno del presidente Mohammed MorsiPer la prima volta nella storia un golpe non è un golpe. L’esercito depone e incarcera un presidente democraticamente eletto, sospende la costituzione, arresta i soliti sospetti, si impadronisce di tutte le stazioni televisive e fa scendere le truppe per le strade della capitale. Ma la parola ‘golpe’ non può e non deve uscire dalla bocca di Barack Obama. E nemmeno l’impotente segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon osa mormorare una simile sconveniente parola. Non che Obama non sappia cosa sta accadendo. Questa settimana al Cairo i cecchini hanno ucciso 15 egiziani sparando dal tetto di quella stessa università nella quale Obama nel 2009 pronunciò il famoso discorso al mondo islamico.    
La reticenza di Obama si deve al fatto che milioni di egiziani volevano il rovesciamento di Morsi, primo caso nella storia in cui il popolo è sceso in piazza in massa per chiedere un golpe? Oppure Obama teme che definendolo per quello che è gli Stati Uniti sarebbero costretti a imporre sanzioni nei confronti del Paese arabo più importante tra quanti sono in pace con Israele? O forse il problema va individuato nel fatto che se si ammettesse che di golpe si è trattato, i militari egiziani potrebbero perdere per sempre il miliardo e mezzo di dollari che ricevono dagli Usa ogni anno?
Nel famoso discorso del 2009, Obama disse che alcuni capi di Stato e di governo “auspicano la democrazia solo quando non sono al potere; una volta al potere soffocano brutalmente i diritti degli altri. Bisogna rispettare i diritti delle minoranze e governare con tolleranza piegandosi ai compromessi”.

Queste parole Obama le ha dette quattro anni fa e riassumono gli errori di Morsi. Ha trattato i suoi seguaci della Fratellanza Musulmana come padroni e non come servitori del popolo, non ha tutelato in alcun modo la minoranza cristiana e infine ha provocato l’ira delle forze armate partecipando a una riunione dei Fratelli Musulmani nel corso della quale gli egiziani sono stati invitati a unirsi alla guerra santa in Siria per uccidere gli sciiti e rovesciare il regime di Assad.

C’è un fatto di particolare importanza negli avvenimenti delle ultime 72 ore. Nessuno è più felice di Assad, nessuno è più soddisfatto né più consapevole della correttezza della scelta di combattere ‘islamisti’ e ‘terroristi’. L’Occidente aspira a distruggere Assad, ma non muove un dito se l’esercito egiziano rovescia un presidente eletto, ma colpevole di essersi schierato dalla parte dei nemici di Assad. L’esercito ha definito i seguaci di Morsi “terroristi e pazzi”. Non è in questo modo che Assad definisce i suoi nemici? E comunque proprio ieri Assad ci ha ricordato che nessuno deve strumentalizzare la religione per conquistare il potere. C’è da scoppiare a ridere.

In ogni caso Obama è ancora in mezzo al guado. I leader occidentali che vengono a raccontarci che l’Egitto è tuttora in cammino verso la democrazia e che quello attuale è solo un momento “di transizione” e che milioni di egiziani appoggiano il golpe che non è un golpe, non possono dimenticare che Morsi è stato eletto con elezioni svoltesi sotto il controllo dell’Occidente. Certo ha ottenuto poco più del 50% dei voti, ma ha vinto. E George W. Bush ha vinto veramente le prime elezioni presidenziali? Morsi senza dubbio gode dell’appoggio di una percentuale più ampia della popolazione rispetto a Cameron. Ha perso ogni legittimazione democratica tradendo la volontà della maggioranza degli egiziani. Ma questo vuol forse dire che gli eserciti occidentali possono assumere il controllo del governo ogni qual volta l’indice di gradimento del primo ministro scende al di sotto del 50%? E, tanto per essere chiari: i Fratelli Musulmani potranno partecipare alle prossime elezioni? E cosa accadrà se parteciperanno e il loro candidato vincerà di nuovo?

Israele comunque può essere soddisfatta. Sa benissimo che di golpe si tratta e può riprendere il ruolo, tanto caro agli israeliani, di ‘unica democrazia’ del Medio Oriente avendo al potere in Egitto i governanti che più le vanno a genio: i militari. E visto che i militari egiziani percepiscono dagli Usa un miliardo e mezzo di dollari l’anno, certo non faranno nulla per mettere in discussione il trattato di pace con Israele per quanto impopolare possa essere tra la gente.

Attendiamo con ansia la prima visita ufficiale di una delegazione americana in Egitto. Allora capiremo se gli americani credono o no che in Egitto c’è stato un colpo di Stato. Basterà vedere con chi si incontreranno al loro arrivo al Cairo. Io dico con i militari. E voi?

© The Independent
Il Fatto Quotidiano, 6 Luglio 2013 
(Traduzione di Carlo Antonio Biscotto)