Economia & Lobby

Una casa per i giovani. Con l’aiuto dello Stato

Tra gli obiettivi del Governo Letta compare anche la necessità di garantire affitti e mutui agevolati per le giovani coppie. Non è la prima volta che Stato e Regioni pensano a politiche di questo tipo. E dunque l’esperienza delle misure già adottate può indicare gli errori da non ripetere.

 di Raffaele Lungarella* (lavoce.info)

Il fondo statale di garanzia

Tra gli obiettivi che il presidente del Consiglio Enrico Letta ha assegnato al suo Governo, nel  chiedere la fiducia al Parlamento, vi è anche una “politica fiscale della casa che limiti gli effetti recessivi in un settore strategico come quello dell’edilizia, che includa incentivi per ristrutturazioni ecologiche e affitti e mutui agevolati per giovani coppie”.
Sulla “questione” della casa per i giovani sono già state sperimentate alcune politiche, promosse dallo Stato e dalle Regioni. (1) I loro aspetti positivi e le loro criticità possono costituire un punto di riferimento per le eventuali politiche che il Governo volesse intraprendere.
Nel 2008 (comma 3bis articolo 13 legge 133/2008) è stato istituito un fondo di garanzia per il rilascio di fideiussioni a favore delle giovani coppie che accendono un mutuo per l’acquisto della prima casa non di lusso e di superficie massima di 95 metri quadri. Il capitale mutuato non può eccedere i 200mila euro, ma la fideiussione del fondo copre solo fino a un massimo di 75mila, cioè poco più di un terzo del debito in linea capitale che la giovane coppia contrae. Ai mutui concessi, le banche devono applicare uno spread di 150 punti base (nel caso di ammortamento ultraventennale) e 120 (per mutui di durata inferiore) all’Euribor e all’Irs per mutui a tassi rispettivamente variabili e fissi. Condizioni che non incentivano le banche a concedere i mutui quando i tassi di interesse di mercato sono più elevati e i giovani a richiedere la garanzia del fondo quando quei tassi sono più bassi.
Ma l’operatività del programma incontra l’ostacolo principale nella debolezza dell’incentivo sul quale è costruito. Per la giovane coppia l’ammissione al fondo di garanzia non ha alcuna rilevanza sulla sostenibilità finanziaria del mutuo: la sua onerosità non è attenuata né da un contributo al pagamento degli interessi, né da agevolazioni finanziarie di altro tipo.
Con i 50 milioni di euro di dotazione del fondo è possibile garantire mutui per 500 milioni di euro. I dati che è stato possibile reperire, evidenziano che sono solo poco più di cento le richieste di mutui ammesse alla fideiussione, per un importo complessivo di circa 10 milioni di euro: un cinquantesimo delle potenzialità; quelle ammesse a garanzia sono 45 per 5 milioni di euro. Un risultato molto al di sotto delle attese.

Le politiche regionali per la proprietà

Anche le Regioni che hanno promosso politiche per la casa ai giovani hanno incentivato principalmente l’acquisto, con la concessione di un contributo monetario all’abbattimento del prezzo delle abitazioni (in qualche caso l’ammontare del contributo è stato determinato attualizzando i contributi al pagamento degli interessi di un mutuo). Il suo importo unitario varia di molto da una Regione all’altra: in Umbria e in Veneto è (o è stato), rispettivamente di 30mila e 25mila euro; oscilla tra i 10 e i 15mila euro in Abruzzo, Piemonte e Emilia-Romagna (in quest’ultima Regione dopo il terremoto del maggio 2012 è stato raddoppiato), mentre in Lombardia si attesta sui 7mila/8mila euro. In alcuni casi, gli obiettivi non sono stati centrati anche per errori relativi all’individuazione dei requisiti richiesti ai giovani per accedere alle agevolazioni. (2)
Le politiche di questo tipo vanno ritenute efficaci se, all’aiuto economico che danno, può essere attribuito il merito di aver permesso a chi ne ha beneficiato di acquistare un’abitazione che altrimenti non avrebbe potuto acquistare. Rapportati ai prezzi delle abitazioni, gli importi unitari dei contributi fanno dubitare che possano essere classificati come un incentivo e non invece, nella gran parte dei casi, come una forma di assistenzialismo e di spreco, a beneficio di soggetti in grado di acquistare un’abitazione anche senza l’aiuto pubblico.
Se ne ha conferma nei casi in cui oltre all’importo unitario del contributo si conoscono anche i prezzi – effettivi o massimi da non superare – delle abitazioni. In Lombardia la quota del prezzo dell’abitazione coperta dal finanziamento pubblico oscilla tra il 2,1 e il 5 per cento; in Emilia-Romagna, con il nuovo bando post sisma, il contributo base di 20mila euro incide per meno del 5 per cento sui prezzi degli alloggi più costosi offerti in vendita.

Il contributo per l’affitto

La Toscana è la sola Regione ad avere promosso una politica per favorire l’autonomia abitativa dei giovani attraverso la concessione di un contributo per il pagamento del canone di affitto. Per tre anni, giovani coppie e singoli – in possesso dei requisiti soggettivi richiesti – che affittano un’abitazione possono richiedere un contributo che oscilla tra 1.800 e 4.200 euro annui (tra 150 e 300 euro al mese). L’importo è inversamente commisurato alla fascia di reddito di appartenenza del beneficiario, mentre cresce con il numero di figli del nucleo familiare. Soprattutto per le famiglie più bisognose, l’aiuto può contribuire ad abbattere in misura non trascurabile l’onere del canone.
Dei primi due bandi emanati, hanno beneficiato 2.103 nuclei di giovani, con un contributo medio annuo di 2.850 euro circa. Con questo importo medio, i 45 milioni di euro attribuiti al programma, permetteranno a circa 5.250 giovani di ricevere un contributo per tre anni.

Fabbisogno finanziario ed equità

Nel caso di una eventuale politica statale a favore dei giovani, la scelta tra sostegno all’affitto e sostegno alla proprietà non può rispondere a opzioni ideologiche, ma deve ispirarsi a valutazioni di efficacia e considerare lo specifico contesto di finanza pubblica.
Un programma il cui obiettivo fosse quello di aiutare i giovani nell’acquisto di un alloggio è condizionato alla disponibilità di un ammontare di risorse sufficienti per concedere un contributo unitario effettivamente incentivante, oscillante cioè tra il 20 e il 30 per cento del prezzo dell’abitazione. Con un prezzo medio della abitazioni di 200mila euro (importo da considerare per difetto nelle città medie e grandi), per aiutare 100mila giovani occorrono tra i 4 e i 6 miliardi di euro. Cifre difficili da trovare nel bilancio dello Stato.
L’ammontare di risorse necessarie è più contenuto nel caso dell’erogazione di un contributo per il pagamento dell’affitto. Con un importo medio dell’aiuto di 2mila euro, per ogni 100mila contratti d’affitto occorrono 200 milioni di euro all’anno: un “accompagnamento” all’autonomia abitativa per cinque anni costerebbe 1 miliardo di euro.
Nella scelta del titolo di godimento da incentivare, oltre al fabbisogno finanziario, non dovrebbe essere trascurata la componente legata all’equità: una politica di sostegno al canone aiuta soprattutto i giovani economicamente meno forti appartenenti a famiglie non in grado di contribuire al pagamento del prezzo delle abitazioni o delle rate dei mutui.
Nel contesto economico di questo nostro momento, non andrebbe, forse, trascurata neanche un’altra considerazione: i contribuiti per l’affitto è molto probabile alimentino i consumi, mentre i giovani che acquistano una casa devono avere un’elevata propensione al risparmio.

(1) Questo articolo aggiorna le analisi svolte in Lungarella R., “Le politiche statali e regionali per l’autonomia abitativa dei giovani”, in G. Cordella , S.E. Masi., Condizioni giovanili e nuovi rischi. Quali politiche?, Carocci editore, Roma, 2012.
(2) Per ragioni di spazio, questo elemento non viene qui indagato: si prende in considerazione il solo aspetto relativo all’efficacia dell’incentivazione economica.

Raffaele Lungarella, laureato in scienze statistiche ed economiche, è stato docente a contratto di economia applicata nell’università di Modena e Reggio Emilia, dove è stato anche cultore della materia di economia politica. Ha diretto il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della regione Emilia-Romagna; dello stesso ente è stato responsabile dei servizi politiche abitative e lavori pubblici. È stato anche responsabile del servizio finanziamenti per l’innovazione tecnologica di una società finanziaria. Ora è in pensione.