Società

Cosa significa esser felici? Fare il lavoro che si ama

Lo ammetto per un lunedì, inizio settimana, con la posta elettronica dell’ufficio che ti si riempie di mail e il blackberry che lampeggia come un ufo sull’area 51, una domanda del genere può essere azzardata.

Di questi tempi in Occidente, in particolar modo in Italia l’essere felici credo si possa tradurre nel far un lavoro che ami. Parlo di un lavoro che ti fa guardare le mail che arrivano sul pc con gioia perché sai che sono opportunità di crescita, che ti fan osservare il flash del blackberry come se fossero la luce riflessa nelle mille facce di un diamante perfettamente tagliato.

Nel mio caso la mia piccola felicità è di poter raccontare di aver conosciuto una persona, una giovane donna, che sta cercando di raggiungere il suo più grande sogno.

Ho conosciuto Sabrina nei giorni in cui aveva deciso di cambiare vita. Niente di radicale non fraintendetemi, solo che da felice dipendente a tempo indeterminato aveva scelto la carriera dell’imprenditrice. Voleva inseguire il suo sogno di fare l’organizzatrice di matrimoni (in gergo Wedding planner). Da sempre aveva lavorato nel settore degli eventi e solo a 28 anni, un anno prima del grande salto, si era avvicinata al settore dei matrimoni: l’azienda per la quale lavorava l’aveva praticamente obbligata ad occuparsene. Dopo la prima settimana di lavoro sul progetto aveva già deciso: l’empatia con gli sposi, la creatività del lavoro, l’applicare le formule della creazione di un evento in un settore cosi intimo e poterlo personalizzare nel dettaglio, è nato tutto cosi naturalmente, mi spiega mentre sceglie dei fiori per un matrimonio da un suo fornitore.  

Lo so qualcuno storcerà il naso: la tipica figlia di papà che si annoia, molla tutto, tanto spalleggiata dalla famiglia si diverte a fare la donna occupata.

Qui viene il bello. Nessun fidanzato ricco a sponsorizzarla, nessuna famiglia a tenerla al calduccio. Sabrina abita da sola da quando aveva 18 anni, si è pagata da sola l’università privata con differenti occupazioni. Giunta ad avere una posizione stabile, un sogno per molti, ha deciso che qualcosa non funzionava. Cosa significa fare l’indipendente in una nazione in crisi, con una media di divorzi che supera i matrimoni? Semplice vuol dire lavorare 16 ore al giorno. Significa che le ore “lavorative” quelle dove tutti lavorano normalmente, Sabrina le passa rimbalzando come una trottola da un fornitore ad una sposa. Scegliendo tra fiori e cupcakes e discutendo dei dettagli con la tipica sposa italiana: un po’ stressata, stanca e preoccupata di fare il passo “giusto”: 8 ore volano in fretta. Poi si va in notturna. Perché se vi aspettate di finire di lavorare alle 18.30 ecco questo non è il lavoro che fa per voi. Le serate di maggio, giugno e luglio, le trascorre a fare fiocchettini per i menu, assemblare conetti di riso e libretti chiesa, a creare allestimenti. Poi c’è la parte delle pubbliche relazioni e, in una città come Milano, se non si esce i clienti non si conoscono di certo. In realtà parte del lavoro arriva via internet, ma è il passaparola il vero successo. Se gli sposi che ha seguito Sabrina sono soddisfatti ne parleranno ad amici e gli amici ai loro conoscenti.

Sembra tutto facile? No per nulla. A volte c’è un ritardo, a volte una sposa che sta per cambiare idea, a volte piove (provate a far un ricevimento in un parco con una pioggia stile monsone!). La cosa che mi piace di Sabrina è che non si da per vinta e i problemi li risolve con il sorriso sulle labbra.

Simpatico il nome del suo brand “Ti amo Ti sposo” semplice e diretto.

Un traguardo che ha raggiunto è il suo Unconventional Wedding District.

Organizzato il 19 giugno presso Just Cavalli di Milano è il primo passo per proiettarla con maggior vigore nel mondo del Wedding, quest’anno il tema d’ispirazione è il “Grande Gatsby”!

Ce la farà? Vediamo. Io intanto andrò a dare un’occhiata al suo evento, per il resto non posso che augurarle un in bocca al lupo (qualcuno un giorno mi spiegherà cosa centra il lupo con la fortuna …)

@EnricoVerga