Diritti

Istanbul, solidarietà agli avvocati turchi

Quando in un Paese si giunge ad arrestare in massa gli avvocati significa che si stanno sopprimendo i diritti civili. Ce lo insegna la storia, piena di pagine nere. Ieri a Istanbul è accaduto questo. Più fonti giornalistiche hanno confermato che oltre 20 avvocati (per alcune 73) sono stati arrestati. La conferma si è avuta con un comunicato della Presidenza dell’Associazione Legale di Ankara nel quale è così scritto, nella traduzione: “Il punto estremo negli eventi di Parco Gezi. Come si può parlare della democrazia in un paese in cui gli avvocati sono stati presi in detenzione provvisoria dalla polizia antisommossa dentro un tribunale? Nel processo iniziato con le proteste nel parco Gezi, subito dopo l’intervento di oggi in Piazza Taksim, gli avvocati nel tribunale di Caglayan, Istanbul, hanno fatto una dichiarazione. Con l’intervento della polizia antisommossa, più di 50 colleghi sono stati presi in detenzione provvisoria e l’11 Giugno 2013 è passato nella memoria collettiva della nostra professione come un giornata nera nella storia. Il palazzo di giustizia è lo spazio di lavoro dei nostri colleghi ed è il loro santuario. Loro sono stati portati via con violenza da parte della polizia antisommossa ed è da interrogare perché si trovavano lì. Questo fatto ci fa porre un’altra volta la questione, in che tipo di “regime di democrazia” siamo vivendo. Poter essere così intollerante, così irragionevole, così lontano dalla giustezza e dalla coscienza è il punto estremo in cui è arrivato l’autoritarismo dei poteri amministrativi. In un paese in cui si arrestano gli avvocati in tribunale, chi può avere la sicurezza della sua vita e suoi beni? Di chi sono garantite i diritti e le libertà? Questo non significa apertamente di creare un diktat, di introdurre un regime di paura, di accantonare la democrazia, i diritti e le libertà? A nome dell’Associazione Legale di Ankara, stiamo seguendo da vicino tutto quello che sta accadendo, comunichiamo all’opinione pubblica che difenderemo fino alla fine i nostri colleghi membri dell’Associazione Legale di Istanbul.”.

Ciò che accade in Turchia è grave perché certifica quanto la libertà sia un bene prezioso anche nella nostra Europa, pure allargatasi a dismisura negli ultimi anni. Una libertà forse minacciata da una islamizzazione di ritorno, non tollerata dalla parte del popolo che ha metabolizzato la conquista dei diritti e soprattutto la radice laica di tali diritti. Ma questa è un’analisi complessa che lascio ai più esperti.

Da ieri sera l’avvocatura italiana più vitale, giovane, reattiva (quella composta, tanto per intenderci, da oltre metà, ossia 100.000 avvocati) ha espresso da più parti (soprattutto in rete) piena solidarietà ai colleghi di Istambul, prescindendo dalle simpatie politiche per l’una o per l’altra parte. Perché la libertà non ha colore, non ha volto, non ha simboli. La libertà è il bene più prezioso e va salvaguardato sempre, anche a costo della vita. E in tale difesa spesso gli avvocati hanno pagato con la vita.

Ci aspettiamo che una tale solidarietà venga espressa anche dal Consiglio Nazionale Forense, oltre ai consueti interventi tecnici e propositivi in difesa della categoria forense.

A ben vedere la Turchia non è molto distante da noi. L’Italia magari non rischia una islamizzazione in danno della libertà (ancorché la cattolicizzazione profusa dal Vaticano sia ancora più dominante, nella scelte e nella vita politica) ma certo si assiste da tempo ad una lenta (o dolce, come preferite) erosione dei diritti civili (demolizione del principio di uguaglianza; demolizione del principio della tripartizione dei poteri; attribuzione di ultrapoteri al Presidente della Repubblica; sistematica violazione dei risultati referendari; soppressione del principio della progressività fiscale; indebolimento graduale del diritto alla giustizia; disparità manifesta tra Stato e cittadini; creazione sistematica di privilegi per la classe politica attraverso una normazione ad hoc etc.). L’elenco potrebbe essere tanto infinito quanto preoccupante.

In altri Paesi l’avvocatura si sarebbe già indignata e manifesterebbe senza tregua. Per i diritti civili, per i diritti di tutti i cittadini. Da noi al più sono state indette manifestazioni per protestare contro alcune irresponsabili riformicchie che hanno aggredito i diritti dell’avvocatura.

Anche in questo l’avvocatura è la triste proiezione della società civile di questo Paese, oramai allo sbando, avviluppata sui propri egoismi. Così tanto da non vedere oltre. Ed oltre c’è  solo l’abisso.