Scienza

Curiosity su Marte, “sul Pianeta Rosso scorrevano fiumi”

La prova definitiva viene dalla scoperta di alcuni ciottoli levigati del tutto simili a quelli che sulla Terra si trovano lungo i corsi d’acqua. Li ha fotografati e analizzati il robot laboratorio della Nasa. L’annuncio viene fatto su Science dai geologi guidati da Rebecca Williams dell’Istituto di scienze planetarie di Tucson, negli Stati Uniti

Su Marte scorrevano fiumi: la prova definitiva viene dalla scoperta di alcuni ciottoli levigati del tutto simili a quelli che sulla Terra si trovano lungo i corsi d’acqua. Li ha fotografati e analizzati il robot laboratorio Curiosity della Nasa, che dal 6 agosto scorso sta esplorando il cratere Gale. L’annuncio viene fatto su Science dai geologi guidati da Rebecca Williams dell’Istituto di scienze planetarie di Tucson, negli Stati Uniti.

I ciottoli, mescolati con della sabbia a formare dei conglomerati rocciosi, sono stati individuati tra il margine settentrionale del cratere Gale e la base del monte Sharp che si trova al centro del cratere stesso. Secondo le analisi dei geologi, la loro forma e le loro dimensioni sono tipiche dei sassi trasportati dall’acqua per lunghe distanze. I ciottoli sarebbero stati depositati circa 2 miliardi di anni fa da un ruscello che doveva avere una profondità tra i 3 e i 90 centimetri e una velocità compresa fra 0,2 e 0,75 metri al secondo. In passato erano già stati trovati indizi che suggerivano la presenza di acqua sul Pianeta Rosso: lo scorso settembre, ad esempio, Curiosity aveva scoperto una roccia scavata dallo scorrere dell’acqua. Questi ciottoli, però, rappresentano una prima assoluta. “E’ la prima volta che osserviamo della ghiaia trasportata dall’acqua su Marte”, spiega William Dietrich dell’università della California a Berkeley. “Un corso d’acqua duraturo può rappresentare un ambiente abitabile”, aggiunge John Grotzinger del California Institute of Technology a Pasadena. “Ora ci muoveremo verso il monte Sharp alla ricerca di tracce organiche, ma questo ci assicura che abbiamo già trovato il nostro primo ambiente potenzialmente abitabile”.