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Vendere Cavani per comprare Cavani: Napoli, Olivetti e Steve Jobs

Sotto assedio” titolava la pagina di apertura dello sport del Corriere della Sera, a proposito della resistenza che il Napoli Calcio sta opponendo alla vendita del suo calciatore più famoso.

Il presidente De Laurentis sembra disposto a svenarsi per trattenerlo in maglia azzurra, lo stesso (forse un po’ meno) sembra disposta a fare la Juventus per acquistare una punta come Tevez. Si parla di ingaggi attorno ai 10 milioni di euro annui. Cerco di trattenermi dal dare fiato a quello che in tanti pensiamo e cioè che ciò è un po’ immorale e che non si può continuare così. Do anche per acquisiti tutti i discorsi che riguardano lo show biz. Parlando in termini imprenditoriali è mai possibile che non si riesca a ragionare su di un periodo più lungo? La parola d’ordine dovrrebbe essere vendere Cavani per comprare Cavani, un Cavani. Come è successo con lo stesso calciatore da giovane.  

Certo bisogna  avere il coraggio di correre dei rischi, e spendere un po’ soldi per un giovane, che magari non si rivelerà il campione che si sperava. In fondo sono queste le due cose che mancano in generale nel mondo imprenditoriale e non solo, nel nostro paese, il gusto del rischio e l’aver fiducia nei giovani. Carlo De Benedetti alla presentazione del libro di Maria Teresa Cometto sulle start up a New York, Tech and the City, scherzando diceva che quando l’Olivetti era l’Olivetti aveva scartato delle proposte di Steve Jobs e di Michael Bloomberg, preferendo puntare sul sicuro, sulla AT&T.

Jobs e Bloomberg allora erano giovani, perché rischiare, meglio il passato. Il calcio continua a essere una metafora del nostro Paese.